Storia di R. ed emergenza abitativa ad Alba

A cura del Laboratorio Sociale Chabas.

R. non ha ancora cinquant'anni. Vive ad Alba con la figlia di undici anni e il figlio di quattordici in un bilocale: dormono nella stessa stanza, madre e figlia nel letto grande, sul letto a castello il ragazzo. Ha un'invalidità del 46%, tanto da non consentirle più di svolgere i lavori di pulizia che permettevano di tirare avanti; poco per garantirle un sussidio. Non è italiana, da tanti anni fa parte della nostra comunità, ma  non ha diritto al reddito di cittadinanza. L'unico reddito percepito sono i 350 euro mensili del mantenimento garantiti dall'ex marito. E con 350 euro bisogna scegliere: mangiare o pagare l'affitto...


R. è sotto sfratto, una delle tante vittime del mercato e del progressivo disinvestimento pubblico dalle politiche abitative. Il 18 aprile è la data del primo accesso: lo sfratto è rinviato al 20 giugno, poi all'undici luglio. Ogni volta interveniamo per sostenere le ragioni di R., ottenere una proroga trovando una mediazione con il diritto del proprietario: il Consorzio ha stanziato 500 euro per coprire le spese condominiali di luglio e agosto e consentire di arrivare ai primi di settembre senza oneri per il padrone di casa.
Che purtroppo rifiuta.

Otteniamo un ultimo rinvio al 25 luglio: non sarà possibile andare oltre, prospettiva possibile un residence per qualche giorno, poi il trasferimento chi sa dove in attesa di un'altra sistemazione. L'assistente sociale del Consorzio si rivela capace e sensibile, e nonostante i mezzi a disposizione siano scarsi riesce a trovare una soluzione dignitosa per 6 mesi alla famiglia: R. può respirare, ma ancora non ha trovato una soluzione definitiva.

Il problema è politico e va risolto politicamente. Il nostro obiettivo è aumentare la disponibilità degli alloggi a canone calmierato in città: l'ultima graduatoria per l'accesso agli alloggi di edilizia residenziale pubblica contava 221 famiglie, e Alba può permettersi di rispondere alle esigenze di tutte. Intanto rendendo fruibili gli alloggi popolari in attesa di  ristrutturazione: sono pochi, ma è folle che ce ne sia anche uno solo. In città ci sono edifici di vasta metratura inutilizzati o sottoutilizzati: l'amministrazione comunale deve censirli e fare tutto il possibile per recuperarli e riadattarli ad uso abitativo. Pensiamo alle proprietà di banche, assicurazioni, immobiliari e enti ecclesiastici: la formula può essere varia, dal comodato d'uso arrivando fino all'esproprio.

Purchè si faccia, e la politica non continui a inebriarsi parlando di enogastronomia e flussi turistici, e torni a occuparsi dei diritti di famiglie e lavoratori.

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