Permacultura: un modo di progettare e praticare una vera sostenibilità


di Michele Corti.


La Permacultura presenta una dimensione sociale intrinseca che è spesso un optional nell'agricoltura bio e biodinamica, compatibile con una visione aziendalista e di ricerca del profitto. In una fase storica di grandi ripensamenti, mettere l'accento sul vivere in modo autosufficiente, sostenibile, elaborando soluzioni che contrastano alla radice sprechi e iniquità, non può che incontrare interesse e favore ...
La Permacultura, utilizzando le parole de suo "papà", Bill Mollison, un australiano nato nel 1928:
"Un sistema che si basa sul concetto di operare assecondando la natura, piuttosto che combatterla; basato su una paziente e attenta osservazione piuttosto che un prolungato e duro lavoro; basato sull'osservazione di piante e animali in tutte le loro funzioni, piuttosto che trattare qualsiasi porzione di territorio in funzione di unico progetto"

Divenuta popolare sin dagli anni '90 nei paesi anglosassoni, la Permacoltura sta suscitando grande interesse anche in Italia. Eppure già nel 1982 la LEF (Libreria editrice fiorentina) di Giannozzo Pucci pubblicava - a cura dello stesso Pucci e di Andreas Perschke - : "Permacoltura. Un'agricoltura perenne per gli insediamenti umani".  Si trattava della traduzione dello storico libro del 1978 che pose le basi della Permacultura ovvero "Permaculture One" di Mollison B., Holmgren D., a cura di Giannozzo Pucci.
Il testo in italiano, che seguiva di soli quattro anni l'edizione originale australiana, venne pubblicato dalla LEF nella collana "Quaderni d'Ontignano". Ontignano è la sede di una storica e gloriosa scuola di agricoltura contadina dalla quale sono passati tutti i più prestigiosi scrittori-pensatori-profeti delle varie forme di agricoltura naturale: Lanza del Vasto, Ivan Illich, Masanobu Fukuoka, Giovanni Haussmann, Teddy Goldsmith, Vandana Shiva, Wendell Berry, Emilia Hazelip, François De Ravignan, Bernadette Lizet, Leon Krier, oltre allo stesso Mollison. Per anni Ontignano è stato una voce che grida nel deserto, espressione di una cultura ruralista e contadinista che in Italia è stata trattata come vezzo strapaesano. Le cose sono cambiate nel tempo. Ma bisognerà aspettare venticinque anni per vedere pubbicato in Italia un altro libro di Mollison (Bill Mollison e Reny Mia Slay: "Introduzione alla Permacultura", AAM Terra Nuova, 2007). Perché, con grande ritardo come al solito, anche in Italia la Permacultura inizia a "sfondare"' ?

Avanzo le mie supposizioni. Oggi è fortemente sentita l'esigenza di "andare oltre" il biologico (che sotto molti aspetti rappresenta una forma di agricoltura molto simile al resto dell'agricoltura "moderna"), di compiere delle scelte di vita miranti a vivere bene, a soddisfare i propri bisogni senza distinguere tra dimensione economico lavorativa e dimensione relazionale, di realizzazione personale, di affermazione e pratica di valori. Per i neorurali che vogliono andare oltre la dimensione puramente residenziale, per i giovani  senza prospettive, per i contadini che vogliono orgogliosamente tornare alle dimensioni della policoltura, dell'autosufficienza, alla ritessitura di un rete di relazioni rurali non mercantili (baratto, scambio di prestazioni, semi e attrezzature), la Permacultura offre uno schema concettuale coerente che risponde alle esigenze di progettare su principi vecchi-nuovi l'insediamento umano, organizzando lo spazio umano in modo che produca cibo e contemporaneamente molte altre funzioni in una economia di scopi straordinariamente efficiente che fa impallidire l'economia di scala, di specializzazione dell'agricoltura-industriale.
Ma anche quella del divertimento industriale e di un certo conservazionismo naturalistico: qui le lande senza un albero delle monocolture insostenibili irrorate di veleni per eliminare ogni "erbaccia", là i green dei campi da golf (ancora irrorati di erbicidi), più in là le "colture specializzate", quelle stesse colture "arboree", "legnose" o - per l'appunto - "permanenti" che sono così importanti per la Permacultura ma che dall'agricoltura industriale intensiva ricevono il massimo carico di veleni (funghicidi, erbicidi, insetticidi ecc.), più in là ancora i boschi sottoposti alla stessa logica tendenzialmente monofunzionale: produrre legno (biomasse) o "natura".

Tutta la modernità è stata improntata a segregare orti da campi, frutteti da boschi, boschi da prati e pascoli. La Permacultura ribalta questa tendenza e ci fa riscoprire - basandosi su presupposti scientifici (ecologia, cibernetica) - che la "disordinata" e "caotica" policoltura contadina (che poi è più che policoltura perché comprende ogni forma di allevamento) può essere molto efficiente. La Permacultura è, quindi, una forma di agricoltura policolturale, che utilizza più colture nello stesso spazio tendendo a imitare la diversità che caratterizza gli ambiti naturali. È interessante sottolineare come la Permacultura assegni grande importanza non solo allo spazio in orizzontale ma anche a quello in verticale (strati). Essa considera con grande attenzione tutti gli strati (piani) della vegetazione secondo un concetto di multiplanarità (che è poi quello dei boschi naturali). Si va dalla rizosfera (lo spazio interessato allo sviluppo degli apparati radicali delle piante) sino al top della canopy ovvero alle cime delle chiome degli alberi pià alti. Senza dimenticare gli strati intermedi costituiti da alberelli, arbusti di varia altezza, nonché rampicanti e liane. È una concezione agli antipodi delle monocoltura e valorizza in modo prioritario il ruolo delle piante legnose. Ma senza dimenticare quello degli animali.

Permacoltura è valorizzazione delle relazioni complesse, del riciclo, delle multifunzioni. Le galline non sono "macchine da uova" ma razzolano nei frutteti, nel paesaggio ricco di piante e arbusti. Oltre a produrre uova distruggono erbacce e parassiti vegetali, si nutrono delle larve che si sviluppano dalle deiezioni di altri animali, deiezioni quindi "multifunzionali" perché nutrono sì il terreno ma anche ... le galline.

E gli erbivori brucano piante di diverso tipo e forma biologica che si rendono disponibili su diversi strati (verticali) della vegetazione e in diversi periodi dell'anno in modo da fornire catene foraggere che alimentano capre, pecore, mucche e maiali con parti di vegetali non commestibili per l'uomo. I forestali della modernità inorridivano quando le capre riottose (come i contadini loro padroni) alla disciplina moderna (imposta in fabbrica ma anche nelle campagne) brucavano una foglia di quercia. Ma la quercia (alcune specie in ambiente mediterraneo) fornisce foraggio fresco tutto l'anno. Nessuno può mangiarsi foglie di quercia in insalata (coriacee e troppo ricche di tannini). Le capre sì. Nell'ordine della modernità le abbiamo segregate (ricordiamoci questa parola chiave - in negativo - della Permacultura) in capannoni di cemento armato prefabbricato a mangiare cereali e un po' di fieno di lontane provenienze.

I contadini, senza conoscerla, hanno sempre seguito principi in linea con la Permacultura.

Non ho difficoltà ad ammettere che il mio interesse e simpatia per la Permacultura hanno non poco a che fare con il favore con cui vengono considerate capre, galline, pecore e maiali di cui la Permacultura apprezza le funzioni extra-produzione di cibo, in particolare il "pascolo di servizio" che è da anni un mio pallino.

Alcune basi.

La progettazione e le pratiche ispirate ai principi della permacultura sono basate su tre principi fondamentali (etiche).

1. Cura della terra: garantire le condizioni affinchè tutti i sistemi viventi possano perpetuarsi e ampliarsi;

2. Cura delle persone: garantire la possibilità per le persone di accedere alle risorse necessarie alla loro esistenza;

3. Fissazione di limiti alla crescita della popolazione e dei consumi: gestendo in modo oculato le nostre necessità, possiamo mettere a disposizione ulteriori risorse per garantire i precedenti principi [nessun neo-Malthusianesimo quindi].

Alle etiche si affiancano 12 principi fissati dal co-fondatore della Permacultura, Holmgren (la traduzione è mia).

- Osservare e interagire: dedicando del tempo al coinvolgimento con la natura, possiamo progettare soluzioni che si adattano alla nostra situazione particolare;

- Catturare e immagazzinare energia: attraverso lo sviluppo di sistemi che acquisiscono risorse quando raggiungono un picco di abbondanza, le possiamo utilizzare nei momenti di bisogno;

- Ottenere un rendimento: assicurarsi che si stiano ottenendo degli utili ritorni nell'ambito del lavoro che si sta svolgendo;

- Applicare l'auto-regolazione e accettare meccanismi di retroazione: è necessario scoraggiare le attività inappropriate in modo da garantire il buon funzionamento di un sistema;

- Utilizzare e valorizzare le risorse e i servizi rinnovabili: fare un uso oculato della copiosità della natura ridimensionando i comportamenti consumistici e la dipendenza da risorse non rinnovabili;

- Non produrre rifiuti: valorizzando ed utilizzando tutte le risorse disponibili nulla si trasforma in rifiuto;

- Progettare partendo dallo schema complessivo per arrivare ai dettagli: risalendo a ritroso possiamo individuare, sia nell'ambito naturale che sociale degli schemi fondamentali. Questi possono diventare l'asse portante della nostra progettazione mentre i particolari si inseriranno mano a mano che si procede;

- Integrare piuttosto che isolare: se collochiamo le cose giuste al posto giusto si sviluppano delle interazioni tra di esse e gli elementi opereranno in sintonia sostenendosi reciprocamente;

- Ricorrere a soluzioni su piccola scala e basate sulla lentezza: i sistemi piccoli e lenti si mantengono più facilmente di quelli grandi utilizzando in modo più adeguato le risorse locali e realizzando produzioni più sostenibili;

- Usare e valorizzare la diversità: la diversità riduce la vulnerabilità ad un insieme di minacce e consente di ricavare vantaggi dalle caratteristiche uniche dell'ambiente dove è presente;

- Utilizzare i bordi e valorizzare il margine: l'interfaccia tra le realtà è il luogo più ricco di eventi interessanti. Questi sono spesso tra gli elementi più preziosi, variegati e produttivi del sistema;

- Utilizzare le cose in modo creativo e reagire al cambiamento: con un'osservazione attenta e intervenendo al momento opportuno possiamo fare in modo che l'impatto degli inevitabili cambiamenti sia positivo.

Altri aspetti caratterizzanti.

Vorrei concludere questo primo contributo alla divulgazione della Permacultura ricordando brevemente alcuni aspetti cui la Permacultura dedica molta attenzione. Oltre all'importanza delle interfaccia e dei margini che è già indicata nel 12 principi, la Permacultura insiste sulla raccolta e il riuso delle acque piovane (i nostri contadini ne sanno qualcosa con le loro cisterne! che raccoglievano l'acqua dei tetti) oltre che su quello di tutte le acque "grigie" ovvero acque utilizzate per varie attività umane ma separate dagli scarichi fognari.
Così come le abitazioni devono essere progettate per recuperare le acque piovane, esse devono essere anche progettate per catturare l'energia solare. Un risultato che si ottiene con l'adeguato orientamento e con l'ombreggiamento estivo delle facciate che, invece, devono poter ricevere il sole e lasciare penetrare la radiazione nelle abitazioni (oltre che utilizzando materiali naturali come paglia e zolle di terra per la copertura dei tetti). Una grande attenzione viene poi riservata alle tecniche di pacciamatura con materiale organico con lo scopo di contribuire a ridurre al minimo le lavorazioni e di proteggere il suolo imitando la copertura del terreno forestale con lo strato di foglie cadute dagli alberi.
Già molto tempo prima che si parlasse del "pick oil", i padri della Permacultura avevano dedicato molta attenzione all'esaurimento delle scorte di energia fossile e hanno concentrato le loro attenzioni sulla progettazione di sistemi a bassissimo input energetico. L'importanza, delle piante arboree è già stata richiamata.

Vale la pena sottolineare come la Permacuitura auspichi una "ibridazione" tra agricoltura e forestazione sino ad arrivare a proporre  i "giardini boschivi" ricchi di molte varietà di piante arboree e arbustive di diverso portamento e altezza.  La differenza con la forestazione urbana è che questi "giardini" sono anche coltivati. Tra i concetti della Permacultura troviamo anche quello della "consorteria" (guild): è la versione agroecologica della biocenosi, ovvero un insieme di piante, animali, insetti che operano in modo sinergico. Per esempio piante che attirano insetti utili o che "distraggono" i parassiti dall'attaccare le piante da frutto.

Infine un concetto cardine della Permacultura, principio organizzativo dello spazio suddiviso in cinque cerchi.
Il primo è quello degli edifici, il quinto quello dell'ambito incolto (la wilderness). Nelle cerchie intermedie si sviluppano una serie di attività: orti, giardini, allevamenti, apicoltura, colture di pieno campo (cerchia 3), pascoli e produzione di legname (4). Ancora una volta troviamo riscontro in qualcosa di molto simile alla organizzazione del territorio in una sfera domestica "edule" della civiltà contadina.

Tratto da: http://www.ruralpini.it


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