Le mani sulle città ...

di Alessandro Mortarino e Edoardo Salzano.
ImageForse (anzi: sicuramente …) non ci sarebbe stato alcun bisogno di aggiungere altre parole alle molte già espresse nell’arco dei primi tre mesi di campagna per lo “Stop al Consumo di Territorio” per specificare ancor meglio il senso di questa iniziativa appoggiata e sottoscritta sinora da oltre 8.200 persone e 170 tra Associazioni, Comitati, Gruppi organizzati.
Ma lo scorso Venerdì 6 Marzo, Silvio Berlusconi ha annunciato una ennesima “follia” del suo governo decantandola come uno strumento essenziale per la ripresa economica: "un piano straordinario per l’edilizia con effetti eccezionali sulla casa" che consiste in una liberalizzazione spinta delle norme per costruire, con un sostanzioso aumento delle cubature di tutto il patrimonio edilizio esistente "in deroga ai regolamenti e ai piani regolatori". L’esatto opposto di quanto la Società Civile e il nostro Movimento chiede a gran voce …

L’esatto opposto.
Ma non stiamo ragionando sullo stesso piano. Berlusconi individua queste ipotesi come la soluzione alla crisi attuale dell’edilizia, come strumento perfetto per ridare slancio alla affaticata economia nazionale e dare impulso ad una ripresa dei consumi.
Consumate, consumate, consumiamo … e la ripresa sarà assicurata” è il suo slogan di sempre.
Solo che stiamo parlando anche di “consumo del territorio” e di “consumo di suolo” scordandoci che aggiungere nuovo cemento a quello già esistente (e per giunta in “barba” ai piani regolatori dei nostri Comuni) significa pensare solo a bisogni di tipo economico e trascurare i limiti fisici di un processo di autentico “stupro” …

Limiti fisici che riguardano lo sperpero di terreni sani che andrebbero centellinati per le produzioni agricole, il recupero di aree boschive in grado di mitigare le reazioni a catena dell’effetto serra, per contribuire al drenaggio di terreni incapaci di trattenere le precipitazioni sempre più rare e per questo violente, per salvaguardare quel poco di falde acquifere ancora a nostra disposizione, per risparmiare quel poco di natura che rimane ancora lungo le nostre coste.
Per fermare la distruzione di un habitat umano e naturale già oggi perdente per ognuno di noi …

Tutti temi oscurati dalle esigenze dell’economia di impresa, per combattere la grave crisi internazionale.
Anziché ammettere che il modello di società basato sui consumi si è esaurito e che occorre, con urgenza assoluta, tentare strade differenti ecco affacciarsi questa non-soluzione alla ricerca della salvezza in extremis dello status quo.
Pare di veder muoversi un tossicodipendente a cui tutti hanno annunciato che un “ultimo buco” lo porterà alla morte. Ma lui non resiste: “cosa potrà mai farmi un ultimo buco” ?

Ecco, se occorreva ancora una definitiva demarcazione, ora l’abbiamo. Il nostro grido di “Stop al Consumo di Territorio” significa esattamente questo: non permettere che un modello di società in liquidazione fallimentare possa continuare a condizionare la nostra esistenza. Dietro al nostro bisogno di ritrovare una logica all’espansione edilizia - utile solo ai profitti di pochi - c’è l’abbandono totale di un modello sociale perdente.
Con noi c’è la ricerca di una “altra economia”, l’idea che il consumo ci abbia consumato e che ancor più ci consumerà.

Venerdì 13 Marzo il Consiglio dei Ministri facilmente approverà questo ennesimo “stupro”. Ma la nostra reazione è innescata e non è previsto un dietro front, il futuro ora è ancor più affar nostro.
E non sarà certamente un business. Per nessuno.


Torniamo indietro di qualche secolo …

di Edoardo Salzano, Urbanista, Animatore di http://www.eddyburg.it.
Scatenare gli “spiriti animali” della speculazione edilizia più forsennata e rozza per dare uno choc all’economia, un colpo alla burocrazia e un volano enorme all’edilizia: questo, secondo le sue parole, il progetto di politica urbanistica dell’uomo che gli italiani, aiutati da una legge elettorale balorda, hanno scelto per governare. Si potranno aumentare del 20% le cubature di tutti gli edifici residenziali esistenti e della stessa quantità le aree coperte dagli edifici ad altra destinazione. Si potranno demolire e ricostruire, con il 30% in più, gli edifici costruiti prima del 1989. Tutto questo in deroga ai piani regolatori e ai pareri degli uffici: basta la certificazione di un tecnico ...

Siamo alla follia. Si cancellano non pochi decenni, ma alcuni secoli di tentativi di regolare un mercato (quello dell’utilizzazione del suolo a fini urbani) che, lasciato alla spontaneità, stava distruggendo le città e rendendone invivibili le condizioni per gli abitanti e le attività.
La regolamentazione del territorio nell’interesse collettivo non nasce nei paesi del socialismo reale, e neppure in quelli del welfare state, ma agli albori del XIX secolo nei paesi del capitalismo maturo. Arrivò più tardi nei paesi in cui le debolezza dell’imprenditoria moderna lasciava ampio spazio alla rendita, come l’Italia.
Qui la regolamentazione urbanistica venne introdotta, nell’epoca fascista, dopo un conflitto che vide, all’interno di quel mondo, la vittoria delle forze del profitto su quelle della rendita: fu nel 1942, quando la legge del fascista Gorla fu approvata contro le resistenze dei difensori del privilegio indiscriminato della proprietà privata.

Aumentare le cubature e le superfici delle costruzioni esistenti in deroga a piani (per di più già spesso sovradimensionati) significa compromettere tutte le condizioni della vivibilità: peggiorare le condizioni del traffico, il carico delle reti dell’acqua e delle fogne, ridurre l’efficienza delle scuole, del verde, dei servizi sociali, peggiorare le condizioni dell’aria e dell’acqua, ridurre gli spazi pubblici, rendere più difficile la convivenza.
Significa privilegiare, nell’economia, le componenti parassitarie rappresentate dalla speculazione immobiliare rispetto a quelle della ricerca, dell’innovazione dei sistemi produttivi, dell’utilizzazione delle risorse peculiari della nostra terra.

Non dimentichiamo che scatenare l’attività edilizia indiscriminata provocherà la distruzione di paesaggi, di beni artistici e culturali, di testimonianze storiche e di bellezza: insomma, di tutte le componenti del patrimonio comune, già così debolmente tutelati nel nostro paese. Non è un caso che uno dei presidenti regionali che darà il via al provvedimento è quel Cappellacci, viceré della Sardegna in nome di Berlusconi, cui lo champagne di festeggiamento del trionfo elettorale fu offerto da quel tale che aspetta di costruire 300mila mc sulla necropoli punica di Tuvixeddu-Tuvumannu.

E riflettiamo sul fatto che affidare le decisioni delle demolizioni e ricostruzioni e degli ampliamenti edilizi al parere tecnico di professionisti pagati dagli stessi operatori immobiliari interessati, significa sottrarre ogni decisione non a una parassitaria burocrazia, ma ai pareri di qualificati funzionari pubblici e alla possibilità dei cittadini di concorrere, mediante le procedure della pianificazione urbanistica e l’intervento diretto di partecipazione, alle scelte di trasformazione dei territori sui quali vivono. Da quale palazzo o palazzetto della politica nascerà il segnale di una protesta che fermi la marcia verso la devastazione ?

Questo è un commento “a caldo” di Edoardo Salzano (http://www.eddyburg.it) sulla “nuova” politica urbanistica lanciata da Berlusconi: torniamo indietro di qualche secolo …
(da “Il Manifesto”, 8 marzo 2009). 

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