Pista di motocross a Castagnole Monferrato: associazioni ambientaliste replicano al Sindaco

Abbiamo letto con stupore la dichiarazione del sindaco di Castagnole Monferrato in risposta all’interpellanza presentata dalla minoranza, dichiarazione apparsa su La Stampa nei giorni scorsi. Nell’articolo il sindaco Francesco Marengo afferma, a seguito della contestazione sui 16 ettari di bosco che verrebbero abbattuti per costruire l’impianto di motocross in valle Randolo a Valenzani: “e comunque si tratta di un’area abbandonata, una zona prevalentemente a gerbido che noi vorremmo valorizzare con questa pista...”.

Questo modo di concepire un bosco appellandolo in termini dispregiativi come gerbido (il termine gerbido in italiano significa: “terreno incolto e brullo, simile alla brughiera”), fa evidentemente parte di una cultura passata e miope non più in linea con le moderne concezione di salvaguardia dell’ambiente nel suo complesso, una cultura che vuole valorizzare la cementificazione ed il consumo insensato del territorio solo per ricavarne profitto. Ed è questo che sta succedendo nei boschi della valle Randolo.

Stiamo vivendo una drammatica emergenza climatica, con conseguenze ancora in gran parte ignote, ma con una causa ormai assolutamente certa: l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, che causa il cosiddetto “effetto serra”.

Ebbene, il modo più semplice e realistico per ridurre la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è indubbiamente quello di lasciar fare alle piante, che assorbono il gas in questione e, grazie all’energia del sole, la trasformano in sostanze organiche utili per la loro crescita, e in ossigeno, che liberano nell’aria.

Quindi, sembra evidente a tutti che è indispensabile un grosso sforzo per proteggere le piante e soprattutto le aree boschive. Se poi i boschi sono degradati, ad esempio perché eccessivamente sfruttati in passato, è del tutto miope eliminarli: molto più sensato appare l’adozione di pratiche selvicolturali finalizzate a migliorarne la naturalità e l’efficienza. Cosa che, tra l’altro, porterebbe anche a creare occupazione e ad ottenere modesti, ma significativi, prodotti di scarto da utilizzare ad esempio nel riscaldamento domestico.

Ma il bosco non serve solo ad impedire che il nostro pianeta finisca sulla graticola. Esso protegge il territorio migliorando il bilancio idrogeologico e riducendo quindi il rischio di fenomeni meteorici estremi, quali smottamenti ed allagamenti. Assorbe polveri ed inquinanti vari, ed è un formidabile serbatoio di biodiversità (altro termine di cui tutti oggi parlano, ma quasi nessuno opera per proteggerla…), migliora l’aspetto del paesaggio, con benefici anche sul piano della fruizione turistica.

Come può quindi pensare il sindaco di valorizzare quei territorio disboscando ettari ed ettari di bosco ed aumentando l’inquinamento dell’aria generato dal continuo passaggio di moto che circolerebbero in quella valle?
Sembra una contraddizione nei termini, che vuole nascondere un danno – irreparabile – a cui certamente ben poco può alleviare il sistema di “compensazioni” offerto come contropartita: la perdita di biodiversità che si vorrebbe infliggere al territorio non potrà mai essere “riparata” con nuove piantumazioni distanti decine di chilometri da quell’ambiente, indispensabile per la salute del luogo e dei suoi cittadini…

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