Il dono. Ovvero: dare, ricevere, ricambiare


di Luigi Agostini, Federconsumatori Nazionale.

Il 30 novembre scorso l’istituto italiano della Donazione ha proposto, con l’alto patrocinio di Azeglio Ciampi, di promuovere l'istituzione di  una giornata nazionale dedicata al dono. La proposta, in tempi di individualismo arrembante, a prima vista può apparire estemporanea e velleitaria, ma invece coglie dietro lo schermo dell'affermazione di un individualismo senza limiti, proprio i segni della sua crisi più profonda: si estende la percezione, anche in luoghi insospettabili, che l’individualismo senza limiti infatti sta portando ad un crollo verticale della coesione sociale, di cui la grande crisi attuale non è altro che la sua manifestazione più eclatante ...
Antropologicamente, l’uomo competitivo, soppiantando in questi decenni l’uomo cooperativo, ha minato e sta minando le basi del processo di civilizzazione. La battaglia culturale che viene lanciata attraverso il Manifesto, che sintetizza le ragioni ed i valori che devono portare alla istituzione della Giornata dedicata al dono, rappresentano, con forza sintetica, l’alternativa di un'altra concezione dello sviluppo sociale. Una proposta geniale.
L’antropologo M. Mauss nel suo fondamentale "Saggio sul Dono", del 1924, tra i tanti significati del dono, ne individuava, anche nelle società arcaiche, uno in particolare: il significato di legame sociale.

Il dono - il famoso trittico "dare, ricevere, ricambiare" - produce legame sociale. La  riflessione, il discorso sulla frattura e sulla coesione sociale ci riporta anche oggi ad un suo dato di partenza: il valore del dono, dell’atto di donazione in una società complessa come l’attuale, per di più attraversata da una crisi profonda, che chiama tutti a porsi con onestà  intellettuale le domande fondamentali.
Senza scomodare i grandi classici, la semplice osservazione empirica ci permette di catalogare in tre grandi  famiglie i beni che quotidianamente consumiamo: beni relazionali, beni privati, beni pubblici, oggi meglio detti beni comuni. La distinzione è importante, perché ognuno di questi beni ha una sua vita, un suo significato, un suo  particolare “modo di produzione” e di venire al mondo, una sua specificità.

I Beni Comuni (salute, educazione, acqua, ecc) rinviano al ruolo del Pubblico, della solidarietà istituzionale, dei diritti; non sono assogettabili alla logica produttiva dei beni privati, anche se sono continui i tentativi di ridurre una scuola o un ospedale ad una semplice azienda privata.
I beni comuni sono figli della Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1789.

I Beni Privati rispondono alla logica, dicono gli economisti, dello” scambio tra equivalenti“; il prezzo misura i termini dello scambio. Ciò che connota tale scambio è di essere  uno scambio senza mutualità, direbbe P.Ricoeur.

I Beni relazionali appartengono ad un’altra famiglia di beni; per spiegarne il meccanismo può tornare utile l’immagine degli assi cartesiani presa in prestito dallo stesso Paul Ricoeur: sulla ascissa la gratuità, l’agape; sulla ordinata la reciprocità, la cooperazione, la philia.

La reciprocità configura non uno scambio tra equivalenti, ma un giusto bilanciamento tra valori d’uso. Nella Banca del Tempo, per esemplificare, un’ora di tempo ha un valore uguale per tutte le attività. Il bene relazionale si colloca all’incrocio dei due assi cartesiani e proprio perciò, l’aspetto relazionale è costitutivo-variamente-della produzione dello stesso bene relazionale. Variamente, perché vario può essere il punto in cui concretamente si realizza l’incrocio tra i due assi, realizzato nel momento  stesso della produzione. Si può sostenere che mentre il bene relazionale ha a riferimento la persona, il bene privato ha a riferimento l’individuo.
Ognuno di questi beni configura un proprio circuito, che insieme definiscono una concezione del mercato: una concezione che F.Braudel, massimo storico, cesella in Mercato come Istituzione Sociale.

Questa classificazione porta facilmente ad una considerazione generale, direi incontrovertibile: la coesione sociale di una comunità, la sua qualità poggia prevalentemente sulla estensione e sulla qualità dei beni relazionali e dei beni comuni.
Il paradosso dell'attuale situazione - dopo una intera epoca dominata dal tentativo di  ridurre al minimo lo spazio sia dei beni comuni che dei beni relazionali, puntando tutto sulla autosufficienza dell’individuo -  sta nel fatto che, mentre constatiamo la saturazione dei beni privati, come mostra con tutta evidenza l’attuale grande crisi, stenta a prendere corpo lo sviluppo sia dei beni comuni, come indicato anche dal recente referendum sull’acqua, che dei beni relazionali.
Stenta cioè a diventare convinzione generale, l’idea che la risposta migliore anche all'attuale crisi stà nel ruolo che l’affermazione sia dei beni relazionali che dei beni comuni può svolgere nella costruzione di un nuovo modello di sviluppo.

Al centro dell'offensiva culturale, simbolizzata dalla proposta di istituire la Gionata della Donazione, insieme a tante forze, non può che collocarsi il Terzo Settore, per definizione luogo naturale della produzione dei beni relazionali e la sua rappresentanza, il Forum di tutte le associazioni.
Ma l’offensiva culturale che deve portare all'istituzione della Giornata della Donazione deve alimentarsi di un obiettivo strategico: quello che S. Zamagni chiama "Economia Civile", trasformare cioè la stessa spesa sociale in economia civile; realizzare in definitiva un ”terzo settore” né al seguito del Privato né al seguito del Pubblico, produttore per eccellenza dei beni relazionali, alimentato, in termini di risorse, anche dalla fonte inestinguibile della donazione dei tanti. Un nuovo modello di sviluppo che assuma tra i suoi indirizzi di fondo la strategicità dell'economia civile.

Anche l’altruismo, come dice A. Sen, può sviluppare una sua particolare potenza e presenza economico-sociale.
Lo sviluppo dei beni relazionali può poggiare, inoltre, su uno strumento ancora largamente sottoutilizzato ed incompreso nella sua natura e potenzialità: il cinque per mille. Nella sua natura, come” atto donativo“ di massa; nella sua potenzialità, come strumento innovativo di democrazia sociale; se trasformato stabilmente in legge, il cinque per mille può permettere a tutti - con un atto di scelta - di pronunciarsi sulla qualità stessa dei beni relazionali e delle organizzazioni che li producono.

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