Passate le 'mode', cosa resta dell'idea di "Comune" ?

di Gabriella Sanlorenzo, Cecilia Pastrone, Gianmarco Vercelli e Lucio Zotti (Gruppo di Acquisto Solidale “Il Gasti”).
ImageDopo lunghe sollecitazioni, un gruppo di componenti del primo Gruppo di Acquisto Solidale di Asti ha accettato di provare a mettere per iscritto la sintesi di un recente rendez vous tra Consumatori consapevoli e Produttori sensibili (e un tantino “alternativi”), vincendo la ritrosia abituale del “ma non c'è nulla di particolare da raccontare, si è trattato di un semplice viaggio d'incontro” ...
Ma per noi, le relazioni sono cultura, scambio di esperienze, fermenti al cambiamento, impulsi a mettere - e mettersi - in discussione. E questo apparentemente “semplice viaggio”, un'occasione d'oro per ragionare di Economia dell'esistere, di ciò che resta dell'età delle libertà ereditate dal sessantotto e per scandagliare i meandri delle forme di convivenza collettiva e comunitaria.
Ecco, dunque, una narrazione a più voci. Una sintesi di dettagli, un affresco di stimoli ...

Come spesso accade, dovevamo essere numerosi “gasisti” ad andare in Puglia alla volta di Urupia, la comune nel Salento che è uno dei nostri fornitori di olio extravergine. Ed è andata così che, vuoi per problemi di lavoro, di salute, di animali da non lasciare da soli ... siamo partiti solo in quattro: Cecilia, Gabriella, Lucio e GianMarco.

Lo scopo era, appunto, quello di conoscere il produttore, come già abbiamo fatto diverse volte noi del Gasti. Solo che questa volta il “produttore”, o meglio “i produttori”, si trovavano a 1.000 Km di distanza ... purtroppo l’olio non è facilmente reperibile nei nostri paraggi (cosa che cerchiamo di realizzare per tutti gli altri prodotti).

Al nostro arrivo ci accolgono Gianfranco e Lele, due delle “comunarde” fondatrici della Comune (così si chiamano, tutti al femminile, gli abitanti della comune per evidenti motivi ideologici) e ci spiegano più o meno come funziona il sistema: l’organizzazione è precisa e puntuale e attribuisce a ciascuno la responsabilità di apportare il proprio contributo affinché la comunità proceda.

Il loro lavoro è stato inizialmente quello dei campi, a cui si sono poi aggiunte con gran fatica ed enormi sacrifici, le attività della cantina e del forno. Abbiamo partecipato al rito a dir poco miracoloso di fare il pane, le friselle e le friselline: una meraviglia !

L’olio si ottiene dai loro uliveti pluricentenari e le loro olive vengono portate ad un frantoio “sociale”. Lele ci dice che nel ‘500 ci fu un disboscamento delle foreste allora presenti in tutta la Puglia ed un reimpianto intensivo di ulivi provenienti da Grecia e Medio Oriente: in pratica la prima coltivazione intensiva della storia.

La masseria di Urupia (così si chiamano le cascine del Sud) è grande, immersa negli uliveti secolari che si estendono lungo un gradevole pendio che dall’altopiano delle Murge declina dolcemente verso il mare. La vegetazione è fantastica: verde e variopinta da infiniti colori. Peccato che in estate tutto sarà secco e brullo.

Conosciamo le altre “comunarde” mentre a poco a poco ritornano dai campi e da altre occupazioni ... Agostino, Vito, Carlotta ... persone cordiali e socievoli. In questo periodo ci sono da raccogliere le fascine della recente potatura degli ulivi, imballarle per bruciarle nel forno per il pane, curare la vigna ecc.; insomma, c’è da lavorare un bel po’ !

Si pranza e si cena tutti insieme, circa 30 persone, piatto unico e abbondante di ottima qualità cucinato con prodotti locali. Ci sorprende una foto di Lele appesa al muro della cucina sotto cui si legge: “prima di fare il bis, accertati che tutti abbiano mangiato”.

Che bel pensiero ! Se tutti noi facessimo questa pratica prima di mangiare, avremmo risolto il problema della fame del mondo ...

Agostino, tra un lavoro e l’altro, trova anche il tempo di farci una breve lezione di ‘degustazione olio’ ... molto interessante ... e che ci fa apprezzare ancora di più la qualità del loro prodotto.

Al di là della bontà dei loro prodotti e dell’assoluta coerenza con un metodo di coltivazione “biologico” - ma non certificato per precisa scelta delle “comunarde” - ci sono molti aspetti di questa situazione che colpiscono chi, come noi del Gasti, arrivano ad Urupia da vite per così dire “normali”.

La condivisione di gran parte degli spazi della masseria innanzitutto .. le decisioni prese all’unanimità per tutte le cose in comune, la riunione settimanale, l’impatto praticamente nullo sull’ambiente di una comunità che d’estate raggiunge presenze ragguardevoli – fino a 50 persone ... – per accorgimenti di grande valenza ecologica (da sottolineare la presenza di un impianto di fitodepurazione che permette di riutilizzare le acque degli scarichi come acque irrigue) - sono a nostro parere le più evidenti. Crediamo che il nostro più profondo sentimento nei confronti di queste donne ed uomini che hanno scelto una vita così originale, così lontana dalle comodità – spesso inutili – di cui il genere umano benestante ama circondarsi, sia una grande ammirazione.

 

In un così breve soggiorno non siamo riusciti a conoscere tutte le motivazioni alla base delle quali sorse, tredici anni fa, la Comune, e pur notando alcuni aspetti contraddittori nella vita di questa Comune, non possiamo tanto meno giudicare se gli obiettivi prefissati allora sono stati raggiunti. Per questo riportiamo una parte di un documento delle “comunarde” che ci pare esprima bene il percorso da loro fatto finora.

Difficile descrivere oggi, dopo oltre 10 anni di vita, che cos’è la Comune Urupia; difficile dare un’idea [...] delle innumerevoli attività politiche, sociali, lavorative, economiche svolte dal 1995 ad oggi dalle centinaia di persone che hanno animato questo laboratorio sociale dell’utopia.

Nelle intenzioni delle comunarde che diedero vita al progetto, la Comune avrebbe dovuto rappresentare la realizzazione pratica di un’utopia libertaria: la possibilità cioè di raggiungere un alto livello di autosufficienza economica, di libertà politica e di solidarietà sociale attraverso il lavoro e l’agire collettivo, eliminando ogni forma di gerarchia, sia quella determinata dalla proprietà, che quella legata al sesso, sia quella fisica che quella intellettuale. Urupia doveva essere un laboratorio quotidiano dell’autogestione che riuscisse a permettere al tempo stesso il massimo sviluppo delle possibilità individuali e la massima negazione delle leggi del mercato, il rispetto delle diversità umane e l’opposizione alle leggi del privilegio e del profitto; la dimostrazione concreta, insomma, della possibilità di un vivere individuale e collettivo che negasse di per sé, il più possibile, le ingiustizie del sistema dominante.

Quanto di tutto ciò siamo riuscite a realizzare, anche questo è difficile dire [...]. Lontano da noi la presunzione di avere solo sfiorato il raggiungimento di simili ideali, viviamo invece quotidianamente la consapevolezza della difficoltà di un percorso di autogestione: i continui conflitti tra privato e collettivo, il costante riemergere di comodi meccanismi di delega e di ambigue gerarchie informali, la difficoltà del raggiungimento di una vera uguaglianza tra i sessi e di un rapporto di serena, efficace collaborazione tra uomo e donna, la risucchiante prepotenza delle peggiori leggi dell’economia sono tutte contraddizioni che stanno lì, ad indicarci quanta strada abbiamo ancora da fare e quanto difficile sia questo percorso.

Contraddizioni tuttavia alle quali non abbiamo nessuna intenzione di sottrarci. [...] Così, alla fine Urupia, potrebbe anche essere vista come un crocevia di esperienze e di idee, come un teatro di sofferenze e di emozioni, di speranze e di amori, di rabbie e di incertezze; una piccola ma quotidiana rappresentazione di una personale e collettiva ricerca di quel mondo migliore, più libero e giusto, nel quale sarebbe anche ora che cominciassimo a vivere, noi che ci avveleniamo il sangue per questo schifo di mondo che invece dobbiamo sopportare.

In conclusione, calza a pennello l'impressione di Cecilia, studentessa universitaria in farmacia, la più giovane del nostro “drappello astigiano”:

A volte a me sembra impossibile immaginare un'esistenza lontana dai ritmi frenetici di tutti i giorni, distante dall'automobile, dal traffico, dalle “comodità”, dai supermercati, dalle code in banca ... Però qualcuno ce l'ha fatta a pianificare una vita diversa, basata su priorità, obiettivi e tempi/ritmi naturali. Là nel Salento, tra le province di Brindisi e Taranto, in una “Comune” dove un gruppo di persone mosse dagli stessi ideali e principi di vita, decide di creare un'associazione, di acquistare una masseria e diversi terreni per intraprendere un'esperienza di vita insieme. I cui principi costitutivi pongono in primo piano l'assenza di proprietà privata e l'unanimità necessaria per ogni decisione da assumere. Dal 1995 ad oggi molte cose sono cambiate, i caseggiati sono stati ristrutturati, sono state create stanze nuove, porticati sono stati trasformati in saloni, ma i principi di base sono rimasti identici e molte persone sono ancora lì dall'inizio: ce l'hanno fatta a vivere senza tutte le nostre comodità, a lavorare la terra e trovare in questo contatto naturale una dimensione appagante, a non sfruttare il territorio ma a convivere con esso, attraverso una relazione basata sul reciproco rispetto, consapevoli che tutto quello che “semineranno” poi “raccoglieranno” ...

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