Il diritto alla bellezza: un'industria sempre in crescita

di Giulio Cesare Bertolucci.
ImageE’ una cosa ridicola: quale persona sana di corpo e di mente metterebbe anelli intorno al collo per allungarlo come una giraffa o si  stringerebbe in vita in modo così stretto da soffocare e svenire o si fascerebbe i piedi il più stretto possibile e fin dall’infanzia per averli minuscoli ? Quanto sono selvaggi e primitivi questi costumi, degni di ritualità e usanze tribali in parti remote del mondo che la civiltà e la cultura moderne hanno spazzato via. E’ molto più civile per una donna spendere somme folli per farsi rifare i seni o le natiche riempiendole di silicone o rendere turgide le labbra iniettandole di collagene o di combattere le rughe del tempo con iniezioncine di botulino o di pasteggiare con intrugli innominabili pur di dimagrire; o per un uomo prendere pillole anabolizzanti per farsi venire un torso da Ercole, prendere Viagra per soddisfare amanti più o meno esigenti o assumere intrugli nauseanti e senza prove mediche per “essere in forma”: è un fatto della nostra “civiltà”  che i ricchi, uomini e donne, spendono ogni anno 160,0 miliardi di dollari per apparire più belli, più giovani, più attraenti, più gagliardi nelle attività sessuali e per attrarre e far invidia a chicchessia tentando di combattere il tempo e la natura ...

E ora la scienza moderna sta tentando l’impossibile: se dobbiamo credere a quello che ci dicono, non si tratterà più di spendere per prepararsi a qualche serata o nottata con amici e amanti: si potrà cambiare per sempre.

Avete provato l’olio estratto dalle foglie di tè ... ?

Importa molto se gli esseri umani cambiano i loro corpi e i loro organismi in modo più fondamentale di quanto i loro nonni non potevano neppure immaginare ?

Gli atleti si rimodellano per cercare di vincere. Il campione del mondo di golf, Tiger Woods, che ogni anno guadagna parecchie centinaia di milioni di $ solo vincendo tornei, si è fatto rifare gli occhi per meglio valutare le distanze in campo. I campioni di ogni sport, prima che divenissero fuori legge, assumevano anabolizzanti in quantità per gonfiare i muscoli (e il cuore), con la quasi certezza di diventare ciechi o di morire di infarto prima dei 40 anni. Gli innumerevoli casi di doping passato e presente raccontano la tragedia che fino dall’adolescenza mette a rischio intere vite pur di tentare di raggiungere un risultato, una notorietà, una ricchezza per quanto effimera.

Ma è la ricerca della bellezza che domina il mercato della rimodellazione del corpo, ed è questa che solleva le domande più importanti e più dure. Per alcuni, la ricerca della bellezza artificiale è sempre stata considerata frivola: i puritani protestanti e il clero cattolico (i metodisti inglesi sono sempre stati molto più tolleranti) si sono sempre scagliati contro i rossetti, le ciprie e le varie pitture che le donne – e, in misura crescente, anche gli uomini – si mettevano e si mettono addosso, ma vi sono problemi ben più profondi da affrontare. Se il business della bellezza inganna la gente e la induce a spendere somme folli, sovente anche con danno proprio, perché questo dovrebbe essere impedito ?

Molti, e non a torto, si preoccupano che la ricerca spasmodica dell’effimero della bellezza e della prestanza fisica e sessuale dia luogo ad un’umanità immatura, priva di una vera coscienza e incapace di educare in primo luogo i figli, con conseguenze anche tragiche di rovina delle famiglie, incapacità di esprimere e provare sentimenti e di avere un qualsiasi senso di coscienza e responsabilità: in breve vedono un crollo della società civile nella quale siamo cresciuti.

Altri vedono con apprensione che le grandi Aziende impegnate in questo mercato stanno confondendo e oltrepassando il confine fra la medicina e la cosmetica, con una chiara intenzione di arrivare anche all’alterazione genetica.

Ed inoltre c’è il problema dei poveri che, invariabilmente, sono anche ignoranti e creduloni: perché dovrebbero essere indotti a spendere i loro pochissimi soldi seguendo promesse vuote e inutili, solo per cercare di fermare l’andare ineluttabile del tempo ?

In effetti, solo nel caso dei giovani vi sono ragioni più che sufficienti per intervenire anche da parte delle autorità, sebbene l’educazione dei genitori dovrebbe - si dice dovrebbe - occuparsi del problema. Fino a ben oltre l’adolescenza si dovrebbe impedire ai giovani e giovanissimi di alterare le loro caratteristiche fisiche in modo permanente e, quasi sempre, dannoso. Facciano pure tutto il piercing che vogliono e si raddrizzino i denti, ma uno dei regali da non fare alle fanciulle come premio per la promozione alla maturità è il seno al silicone.

Ma che devono fare gli adulti, che si comportano in modo poco più che infantile nell’amministrare la loro, diciamo così, bellezza ?

Forse i partiti politici e i Governi dovrebbero rinunciare a un po’ delle tangenti - pardon, contributi sociali e politici – e passare qualche legge che imponga alle Aziende farmaceutiche di specificare gli ingredienti esatti e gli effetti indesiderati di creme, pomate, integratori di vario tipo e quant’altro.

Ma gli interessi sono enormi e, inoltre, è un mercato che non si ferma e che aumenta da solo per forze endogene: ad esempio uno degli indicatori dell’aumento dei PIL nelle nazioni del mondo occidentale è misurato ormai anche dall’andamento delle vendite dei prodotti di bellezza, in primis i rossetti per labbra.

I problemi si complicano quando alcune delle promesse della ricerca della bellezza in effetti si realizzano, in quanto è vero che le persone belle sono di parecchio avvantaggiate rispetto alle brutte.

Ad esempio guadagnano di più: una recente ricerca molto seria fatta in Inghilterra su 11'000 persone di 33 anni di età ha evidenziato che le persone belle hanno una paga mediamente superiore del 15 % per gli uomini e dell’11 % per le donne, e le ragazze sovrappeso guadagnano il 5% meno della media di categoria, specie nei lavori impiegatizi e segretariali.

In certe professionalità, ad esempio nelle vendite fatte direttamente ai clienti o nei lavori di sportello, come in Banca, Assicurazioni, Reception etc. la bellezza, o quanto meno l’attrattiva elegante, sono quasi assolutamente necessari. Il lavoro nei call center invece, non richiedendo presenza, mette in luce le vere qualità di una persona e si dimostra che le persone “belle” tendono ad essere anche le più scadenti: non hanno un senso ottimale della clientela, in quanto si aspettano di essere servite e non di servire.

E non dimentichiamo un fatto crudele ma vero: un bel papà e una bella mamma educano meglio dei loro omologhi brutti; i bebè sono attratti naturalmente da un bell’aspetto.

Da studi della più varia origine, si scopre che la gente bella è più sicura di sé e uno studio fatto alla Facoltà di Legge dell’Università di Oslo ha evidenziato che gli studenti, nelle esercitazioni, pronunciavano sentenze del 20 % più leggere se i criminali maschi o femmine avevano un aspetto bello e attraente.

A questo punto, con la vita e i soldi in ballo, perché le persone non dovrebbero ricercare e pagare tutti quei rimedi tendenti ad aumentare il loro benessere? Se arriverà un giorno l’ingegneria genetica, dove si fermerà la ricerca delle modifiche permanenti al corpo e alla mente ? Se qualcuno prometterà al mondo/mercato dei giovani sposi che facendo questa o quella applicazione o questo o quell’intervento potranno avere bambini non solo più belli, ma anche più sani e intelligenti, che potrà fermarne la corsa?

Un’industria guidata sul desiderio sessuale non può che crescere. Cleopatra faceva il bagno nel latte di giovani madri e Poppea in quello d’asina; le nobildonne medioevali assumevano un po’ d’arsenico e facevano impacchi con il sangue di pipistrelli per migliorare il loro incarnato e le donne americane del XVIII secolo pagavano per avere l’urina tiepida di giovani ragazzi adolescenti per frizionarsi ed eliminare rughe e zampe di gallina. Le nobildonne inglesi dell’età Vittoriana si condannavano ad una vita breve per nefriti, insufficienze renali e TBC da denutrizione nel cercare di ottenere vitini da vespa per quanti più anni possibile.

Il desiderio di essere belli è vecchio come il mondo, e con esso il dolore e le sofferenze che può causare. Ma il dolore, o il costo, non hanno impedito all’industria della bellezza di crescere continuamente, con un fatturato annuo attuale di 160,0 miliardi di dollari e che include trucco, cura della pelle e dei capelli, profumeria, chirurgia cosmetica, trattamenti più o meno fisiologici di ogni specie e natura e pillole o preparati dietetici. Gli Americani spendono assai più nell’industria della bellezza di quello che in aggregato spendono nell’educazione, dagli asili nido all’Università.

Le osservazioni scientifiche confortano il predominio della bellezza: i bambini di tre mesi di età sorridono molto di più e più a lungo (circa il 50 – 70 %) a persone belle e attraenti, le cui caratteristiche sono il simbolo, fra l’altro, di fertilità e salute. I lunghi capelli lucenti sono sempre un segnale in tal senso, e poco supera le trecce come potente eccitante sessuale nel maschio. La mascara rende gli occhi più grandi e più giovani, e l’arrossamento delle gote e il rossetto mimano l’orgasmo.

In tutte le culture e in tutti i tempi, una pelle chiara e senza difetti segnala buona salute e giovinezza: in parte perché le pelle diventa più scura dopo la gravidanza ed in parte perché la pelle chiara rende più difficile nascondere malattie. E’ una verità di ogni tempo che “la bellezza per una donna è il patrimonio più prezioso, da scambiare per posizione sociale, denaro, divertimenti e persino amore: ma è un patrimonio che si perde rapidamente col tempo e va utilizzato presto”. Così almeno dice Nancy Etcoff, una psicologa e autrice di un libro famoso: “La sopravvivenza dei più belli”.

Dalle piccole Farmacie alle Grandi Aziende.

Nel 1909 il chimico francese Eugène Schueller fondò la Societè pour la Teinture de les Cheveux, che più tardi diventò l’Orèal, il leader attuale dell’industria globale. Due anni dopo Paul Beiersdorf, un farmacista di Amburgo, inventò la prima crema che riusciva a mescolare acqua e olio: oggi vende in 150 Paesi con il ben noto nome di Nivea, il marchio più diffuso al mondo nei preparati per la cura del corpo. Circa nello stesso periodo, il giapponese Arinobu Fukuhara, a Tokyo, inventò la lozione Eudermina (Eudermine Lotion), il primo preparato per il trattamento della pelle derivato da una precisa formula chimica: fu il primo prodotto della Società Shiseido, che domina oggi in tutto il mondo.

Però fu la rivalità fra due donne, in America, che fece dell’industria della bellezza quello che è oggi: Elizabeth Arden aprì il suo primo e moderno salone di bellezza nel 1910, e lo stesso fece pochi anni dopo Helena Rubinstein, un’immigrata polacca. Queste due donne presero i cosmetici dai vasi e vasetti dei secoli precedenti e li portarono nell’era moderna: entrambe credevano fermamente che per le donne la bellezza e la salute fossero in larga misura la stessa cosa, e combinarono i trattamenti facciali con diete ed esercizio fisico con un approccio quasi sacro e santificante.

Rubinstein considerava il trattamento del viso, incluse anche pratiche piuttosto crudeli, come scosse elettriche, accettabile come il rossetto per labbra. Arden fu la pioniera del marchio della bellezza: i suoi prodotti, avvolti nel caratteristico involucro rosa e oro, davano la sensazione, prima ancora della sostanza, della bellezza e della giovinezza. Le due donne, insieme a Max Factor, che cominciò la carriera producendo trucchi per le attrici, costruirono le fondazioni del moderno marketing dei prodotti di bellezza, incantando e stregando le clienti presenti e future - ora in misura crescente anche i clienti - con tattiche aggressive, come sponsorizzazioni da parte di stelle del teatro e del cinema e pubblicità incantanti sulle riviste patinate. Negli anni 30 a loro si aggiunse la Revlon e dopo la II° Guerra Mondiale, la Estèe Lauder. Sono tutti nomi e marchi ancora in giro nell’industria.

E qui entrarono in gioco le scienze della psicologia: la nuova industria della bellezza non vendeva solo a colei che voleva apparire più bella, ma specialmente a colei che aveva timore di essere brutta, convincendo ogni ragazza che un po’ di rossetto ben applicato e un buon fondo tinta potevano curare qualsiasi complesso di inferiorità. Arden era la più brutale del gruppo: nel lanciare una sua famosa crema (8 Hour Cream) dichiarò che una donna la si giudica come un cavallo in base a tre parametri: gambe, testa e didietro. E non si può darle torto.


Niente di profondo: solo a livello pelle.

Gli analisti della Goldman Sachs stimano che l’industria globale della bellezza sia così composta:

Trattamento della pelle: 24 Miliardi di $

Trucco: 18 Miliardi di $

Trattamento e tintura dei capelli: 38 Miliardi di $

Profumi: 15 Miliardi di $

Il fatturato aumenta del 7 % annuo, più del doppio del PIL del mondo industrializzato. Il leader settoriale del mercato, l’Orèal, ha avuto un aumento dei profitti annuali combinati al tasso del 14 % per 13 anni di fila. Le vendite di Nivea della Beiersdorf sono aumentate del 14 % all’anno nello stesso periodo.

Questa crescita è guidata dalla moltitudine, assai ricca e con soldi da spendere - 70 milioni solo in America - di baby boomers (i nati fra il 1945 e il 1965), che stanno invecchiando e che, non avendo conosciuto le durezze dirette o indirette della II° Guerra Mondiale hanno avuto tutto al momento giusto. Più di ogni altra generazione nella storia del mondo: sono alla ricerca del paese di Bengodi, non da ottenere perché lo hanno già avuto, ma da conservare nel tempo. E spendono e spandono per restare in salute malgrado alcolici, cibi grassi e coca, per restare giovani malgrado l’assalto del tempo e per apparire belli e attraenti e sessualmente attivi ad ogni costo.

Le classi medie emergenti in Russia, Cina, India, Corea del Sud e nei Paesi produttori di petrolio fanno lo stesso. In India le vendite di creme antirughe crescono del 40% all’anno, mentre in Brasile le “Signore dell’Avon” (Clubs per trattamenti di estetica) sono 900'000, più dell’Esercito, della Marina e dell’Aviazione messe insieme. I clienti sono in larghissima maggioranza donne, ma gli uomini stanno aumentando.

Nell’industria le acquisizioni o i tentativi di fusione e di collaborazione non si contano: nuove strategie da gruppi tradizionali fanno spendere somme sempre più folli in investimenti e pubblicità. I grandi nomi del profumo francese, Christian Dior, Chanel e Yves St Laurent, vendono anche prodotti di bellezza e cedono l’uso del loro nome a grosse aziende per un Marketing sempre più incisivo.


Fantascienza.

La ricerca scientifica ha fatto il suo ingresso nell’industria della bellezza, con nuovi prodotti che si collocano al confine fra i farmaci senza ricetta e i prodotti di bellezza tradizionali: sono denominati “cosmaceutici”. L’Orèal nella sua pubblicità evidenzia quante richieste di brevetto ha depositato per questa o quella novità. Una di queste – se così si può chiamare – è data dall’uso di salviette di carta impregnate di creme per la cura della pelle, ma il resto è pseudo scienza. La Shiseido, ad esempio pubblicizza il suo nuovo “Creatore Corporeo” fatto di pepe bruciagrassi e di olio di pompelmo che, viene detto, elimina 1,1 kg di grasso umano in un mese senza alcun bisogno di diete o di ginnastica. Al lancio del prodotto nel 2002 i clienti ne comprarono per mesi un vasetto ogni 3,75 secondi nell’arco delle 10 ore di apertura dei negozi.

Il gran capo dell’Avon, il sig, Andrea Jung, si aspetta che una nuova crema antigrasso, chiamata il Cellu – Sculpt e che promette di eliminare più di 2 cm di circonferenza dalle cosce in 4 settimane, venda quattro volte di più delle ordinarie creme di bellezza solo nelle prime sei settimane di lancio commerciale. La vecchia lozione Pantene, cara a tutti quelli che soffrono di forfora (chi scrive la usava assiduamente prima di diventare calvo), si è trasformato in una nuova crema, Olay Regenerist, sulla base di un ingrediente non identificato ma dal nome altisonante di “pro-Vitamin B”. Non serve a nulla, come alcune prove di laboratorio hanno dimostrato, però si continua a vendere.

Gli analisti della Goldman Sachs hanno visto che gli investimenti di Ricerca e Sviluppo per nuovi prodotti sono appena il 2-3 % delle vendite, mentre si evidenzia un aumento enorme nella Pubblicità e Promozione, un 25 % dei ricavi. Molti di questi soldi, guardando alle vendite, sono stati ben spesi: l’incentivo dell’Orèal “Perché lo valgo” (because I’m worth it) è stato ed è un successo, mentre una altra Società, la Pout, vende con successo dei rossetti di marca “Lick my Lolly” (beh, più o meno significa “lecca la mia caramella”) e “Bite my Cherry (beh, più o meno significa” mordicchiami la ciliegina”).


Ricostruzione e ricondizionamento del corpo.

Due settori molto ricchi, e sempre più tali, sono per ora ignorati dall’industria della bellezza: da un lato la chirurgia estetica, ormai ben oltre il livello di 20 miliardi di dollari di ricavi annui, e dall’altro il nuovo immenso mercato del “benessere” che fornisce trattamenti totali al corpo, buon sesso discretamente incluso e – si dice – all’anima, in ambienti sani, tranquilli, sedati, di lusso e giovanili.

La chirurgia estetica si rinnova ogni anno di più, e sta diminuendo i costi in modo che molti se la possano permettere. In America il numero di procedure offerte dalla chirurgia estetica è aumentato del 220 % dal 1997: procedure “vecchie”, come la liposuzione, i seni al silicone e rinoplastiche stanno cedendo il passo a microiniezioni di botulino – che gela la pelle facendo sparire le rughe – e di collagene, per inturgidire ad es. le labbra. Solo la “terapia” , beh chiamiamola così, del botulino è aumentata in America del 2'400 % dal 1997.

I prezzi sono calati: dieci anni fa farsi rifare il seno costava 12'000 $: ora lo si può avere per 600 $. Ora più del 70 % delle persone che si sottomettono al “bisturi estetico” hanno ricavi annui di meno di 50'000 $ lordi.

Nel settore del benessere si possono trovare tutti i prezzi: dalla settimana economica tutto incluso e pensione completa in Alberghi e 3 stelle ad un periodo imprecisato in Hotel da 5 stelle in su, con allenatore e assistente personale, massaggiatori/trici a scelta, un po’ di chirurgia cosmetica a richiesta, con la garanzia di un’immagine a fine trattamento coerente con il colore della pelle e quello scelto per i capelli. Sono per ora mercati frammentati, ma vi sono segnali di consolidamento e reciproco interesse, in quanto le vendite non fanno che aumentare.


La reazione di un mercato imbrogliato e deluso.

Non sono più tutte rose e fiori: dopo l’immenso numero di promesse non mantenute, comprese parecchie morti e menomazioni a seguito di strane chirurgie o trattamenti estetici, i clienti cominciano a reagire. Per prima cosa, la verità nella pubblicità è stata la grande assente, e si stanno materializzando, in America, le prime megacause contro l’industria per false promesse e informazioni.

E poi, fatto che in America è sempre più raro, c’è la dimensione morale ed etica del problema, della quale si è già accennato in apertura. Il rimedio è una legislazione che protegga i consumatori, e l’Europa, checchè si dica molto più civile dell’America, si è già mossa in tal senso: le industrie dovranno essere veritiere nella pubblicità, essere soggette a verifiche, e dovranno rispondere della composizione dei cosmetici e della natura dei trattamenti che proporranno al mercato. E in Europa, a differenza dell’America, si tratta non di cause solo civili magari liquidabili con tanti dollari: si tratta di reati anche penali che seguono, anche se lentamente, il loro corso.

Il fatto è che nulla potrà mai trattenere la gente dal desiderio di sembrare più bella e migliore di quanto è: nell’Inghilterra del 1700 venne passata una legge che autorizzava gli uomini a ottenere in fretta l’annullamento del matrimonio se le mogli “li avevano intrappolati con profumi, pitture, denti artificiali, falsi capelli e stecche di ferro”.

Le donne se ne stropicciarono e andarono avanti a truccarsi come e più di prima. Durante le Seconda Guerra Mondiale, il Governo Americano aveva messo lo stop alla produzione di rossetti per labbra, sia per eliminare una frivolezza non affine a chi moriva in guerra, sia perché i macchinari delle fabbriche si prestavano con poche modifiche alla produzione di munizioni. Si dovette togliere in tutta fretta il divieto: le operaie che popolavano le fabbriche al posto degli uomini al fronte entrarono in agitazione e minacciarono scioperi: per loro era la prima occasione di libertà, sia economica - i soldi li portavano a casa loro - sia, diciamo così, sessuale: e da allora non si sono più fermate.

Di fatto, come disse il fondatore della Revlon, Charles Revson, l’industria della bellezza vende “una speranza in un vasetto”. E questo è un fatto eterno, tanto quanto i suoi effetti sono effimeri.

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