L’incubo comincia dal supermercato

di Marco Baliani.

Una madre distratta dagli acquisti chiama la figlia Anna che non è più al suo fianco. In un film sarebbe l’inizio di una umanissima ansia, nel supermercato un qualche pedofilo o procacciatore di organi ha di sicuro adescato la piccola e l’angoscia spiega le sue ali. Invece no, Anna è poco distante sta guardano estatica qualcosa di fronte a lei, da come gli occhi sono spalancati dev’essere un’apparizione divina o la materializzazione di una delle Fate dei suoi cartoni animati, e invece no, sta ammirando perdutamente uno intero scaffale di prodotti dolciari, budini ai vari gusti...

Sempre nelle pubblicità quando qualcuno deve esaltare un prodotto in un supermercato, di colpo un intero corridoio è tappezzato dello stesso prodotto, un incubo a occhi aperti, come se la realtà fosse una replica identica dello stesso marchio, siamo dentro al mondo di Matrix, in effetti quel film non fa altro che indicarci la nostra condizione di esseri mercificati che sono guardati da altre entità mercificate.

E dunque ha ben ragione la piccola innocente Anna a essere turbata estaticamente di fronte a tanta uniforme abbondanza.
Ma poi arriva il bello, cioè il terribile. La Madre le chiede quale vuole di questi prodotti e la bambina candidamente ma con fermezza risponde “tutti”.
E subito dopo vediamo la piccola sotto lo sguardo compiaciuto e protettivo della Madre uscire dal supermercato con in braccio una quantità esorbitante di quei prodotti, che fatica a tenere insieme sulle sue braccine infantili.

Ma non è finito ancora lo stillicidio, nella cucina di casa della bambina, intorno a un tavolo ci sono i suoi amichetti del cuore che fanno merenda, la cucina naturalmente è grande come un attico luminoso e così ampio che ci si può trascorrere un’intera pandemia in quattro o cinque senza rischiare di scontrarsi o di inciampare uno nell’altro, qui è tutto numinoso, la luce è anch’essa divina, e quando la premurosa Madre entra con un vassoio di budini appena fatti e chiede se qualcuno ne vuole, anche qui in coro i bimbi rispondono: “tutti”.
Quel “tutti” è il mantra del mondo pubblicitario e di conseguenza il viatico del nostro vivere sociale che quel mondo istruisce, alletta, educa.

La bambina Anna è mostruosa, ma ancor più lo è la Madre che l’ha condotta da tempo a godere di quella infinita possibilità che la vita promette, e poco importa che nessun bambino possa poi abbuffarsi di budini fino a scoppiare, specie quei due terzi di bambini che nel mondo non occidentale il budino non sanno nemmeno che cos’è, conta la spinta propulsiva di quel “tutti”, una consuetudine inculcata fin dalla prima infanzia a credere di poter possedere il mondo, anzi che il mondo esiste, vedi gli scaffali infiniti, solo per poter essere consumato da noi mortali.

E se poi di colpo, una bomba lanciata da un dittatore paranoico dovesse schiantare quegli scaffali, mentre si fugge terrorizzati, riducendosi a forme di vita primitive e prima inimmaginabili, la visione di quegli scaffali stracolmi resterà nella memoria come lascito nostalgico di un mondo di merci ormai perduto a cui però si aspira di poter tornare, il prima possibile.

Quella moltitudine di prodotti allineati sugli scaffali dei supermercati è oscena, moltitudine di materie destinate a marcire in breve tempo, non consumate abbastanza in fretta nonostante le tante Anne e Madri e Padri cerchino affannosamente di acquistare masticare e deglutire, prodotti che hanno già sprecato e distrutto risorse idriche per maturare e gonfiarsi al punto giusto, hanno già usato una quantità di energia spropositata per essere trasportate in tempo fin lì, prima del decadimento.

Interi banconi di carni o pesci che andranno in putrefazione, permettendo agli amanti dell’ossobuco di avere la loro droga una tantum, macellando in eccesso capi di bestiame, esseri viventi, in modo atroce, per scartare quell’ossobuco a scapito di tutti gli altri che resteranno invenduti.
Essendo un luogo di merci esaltate in offerta su altari infiniti, la possibilità che un bambino resti adescato e perduto è più che coerente, essendo anche i corpi divenuti identici a quelle merci e quindi comprabili e acquistabili.

Se avessimo la facoltà di staccarci un attimo dalle nostre sedimentate abitudini, se fossimo in grado di vedere questo mondo con occhi alieni, gli occhi per esempio di un profugo in fuga, sveleremmo la mostruosità che si nasconde dietro questo sfolgorante apparire, e diventeremmo magari dei lucidi ribelli, destinati certo a soccombere nello scontro con la potenza delle merci e del mercato, ma almeno con l’animo pacificato da una qualche forma di coscienza.

Per questo una sequenza come quella di Anna e la Madre può essere, nella sua brutalità quasi una possibilità di risveglio critico.

Tratto dalla pagina Facebook di Marco Baliani, attore, drammaturgo, regista teatrale e scrittore.

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