Un esempio di Democrazia Partecipata: dalla Bolivia ...

di Cristina Coletto e Laura Greco, Associazione A Sud.
ImageChe cos'è la Partecipazione Democratica ? L'insieme di tutte quelle politiche che mirano a coinvolgere enti locali, associazioni, cittadini nell’ambito dei processi decisionali di governo del territorio. Stiamo, dunque, parlano di processi decisionali inclusivi che non hanno l’obiettivo di soppiantare le regole della democrazia rappresentativa, bensì quello di potenziarne alcune sue caratteristiche, tra cui la vicinanza, in termini di confronto e linguaggio, tra coloro che prendono le decisioni e la comunità amministrata; la conoscenza diffusa e dettagliata delle esigenze e delle risorse che un territorio esprime; il dialogo aperto tra i rappresentanti eletti con i cittadini e il coinvolgimento civile di quest’ultimi che garantisce un maggiore senso di responsabilità nei confronti della collettività.

I modelli di partecipazione democratica, quindi, non prescindono dal rispetto delle istituzioni e delle leggi vigenti bensì sono rivolti a migliorare la capacità del sistema rappresentativo di dare voce a tutte le istanze che compongono lo spettro di una problematica.

Tanto meno si tratta di concedere una delega in bianco alla popolazione sulle questioni che la politica ritiene essere troppo spinose, perché, in realtà, si tratta del contrario: di una maggiore responsabilità in capo ai “decisori” e agli apparati burocratici, scaturita dal mettersi in costante discussione anche quando il dibattito lambisce le questione strettamente legate al gioco delle parti della politica.
Un processo è realmente democratico se tutte le parti in gioco partecipano alla discussione all’interno di un contesto univoco, riconoscibile e scandito temporalmente. Nel caso contrario, qualora i soggetti siano chiamati ad intervenire in momenti distinti, sotto vesti diverse, il rischio è la strumentalizzazione dell’opinione pubblica, che senza confronto dialettico può trasformarsi in un’arma plebiscitaria, per far approvare o dissentire su questioni già elaborate in altre sedi.

Uno degli aspetti che caratterizzano un sistema democratico “partecipativo” è la comunicazione, intesa come strategie di sviluppo delle relazioni con la cittadinanza. Se tenuta in considerazione, essa è un fattore discriminante nell’informazione, nei media e nelle relazioni tra i soggetti. Non va confusa con la pubblicità, che rappresenta solo una piccola parte del discorso, ancor meno con la propaganda, poiché chiama in causa i soggetti piuttosto che il messaggio.

All’interno di un modello democratico partecipativo la comunicazione è caratterizzata dall’interattività: dall’apertura di un canale di scambio e dalla predisposizione di regole e garanzie che mantengono in contatto i soggetti dentro un rapporto di fiducia. La comunicazione è, ormai, entrata nel vocabolario della PA ma non ha ancora permeato il modo in cui i soggetti interagiscono con le istituzioni, ancora troppo impersonale e burocratizzato, mentre gli strumenti informativi come i siti web istituzionali riflettono l’Ente in maniera autoreferenziale invece di offrirsi come “finestre” sul Territorio.

Questo che vi raccontiamo è un esempio di Democrazia Partecipata …

Saul è molto stanco ma felice. Manca pochissimo alla conclusione dei lavori per la costruzione della rete fognaria di Villas de Chilimarca, nel Distretto di Tiqupaya, comunità a 10 km da Cochabamba, in Bolivia.
Circa un anno e mezzo fa, Saul è stato eletto Presidente del Comitato istituito per coordinare i lavori per la costruzione della rete fognaria ed è stato per tutti un punto di riferimento e un consulente eccezionale. Gli abitanti ora si accalcano intorno a lui per raccontare felici di come sia stato posizionato bene il tubo di fronte alla loro casa, qualcuno ancora si lamenta: “ho 10 figli, come fa un tubicino così piccolo a reggere ?” … e Saul ha una parola davvero per tutti, perché sa che costruire un modello di autogestione significa facilitare la partecipazione di ogni individuo ai percorsi decisionali che riguardano i servizi di base.

E’ per questo che ogni abitante di Villas de Chilimarca conosce, oggi, come è fatta una camera d’ispezione, sa intervenire con competenze idrauliche per la manutenzione della rete, sa decidere quali siano le tariffe più eque e sostenibili per ogni abitante. Ed è il motivo per cui questa comunità oggi rappresenta la possibilità di costruire modelli alternativi di gestione dei beni comuni, che rispettino i diritti umani rifiutandone qualsiasi logica di mercificazione.
Nell’anno 2000 Cochabamba si è fatta conoscere in tutto il mondo per la sua lotta contro la privatizzazione dell’acqua e contro le politiche neoliberiste, nella famosa “Guerra dell’Acqua”: una lotta di tutta la popolazione che insorse per recuperare un proprio diritto inalienabile. La Banca Mondiale, attraverso il Governo boliviano, aveva tentato di privatizzare  il servizio idrico della città causando un aumento delle tariffe di quasi il 300 %. La popolazione, dopo mesi di resistenza e mobilitazioni, vinse la guerra “cacciando” il Consorzio di multinazionali e restituendo l’impresa municipale nelle mani del popolo.
Nell’anno 2003, è stata la volta della cosiddetta “Guerra dell’Acqua di Tiquipaya” che ha visto protagonista la comunitá di Villas de Chilimarca. Nei municipi di Tiquipaya e Colcapirhua, infatti, è stata proposta dal BID (Banco Interamericano del Desarrollo) il finanziamento per  la costruzione dei servizi di base come il servizio idrico-sanitario, con l’avvio del grande progetto EPSA-MACOTI, che prevede la somministrazione di acqua potabile e la costruzione di una rete fognaria; ciò a scapito, però, della privatizzazione di tali servizi.
La comunitá di Villas de Chilimarca caratterizzata, come molte altre comunità di Cochabamba, dalla gestione autonoma dell’acqua attraverso i “Comitati dell’Acqua Potabile”, inizia un processo di ostruzione contro questo progetto e, dopo settimane di resistenza, di marce, e scontri con la polizia, vince la lotta, destituendo il sindaco di allora di Tiquipaya, rifiutando il progetto MACOTI e optando per un “progetto alternativo”, partecipato, autonomo e autogestito.
E’ proprio grazie alla forza e all’unione dimostrata dalla comunità, alla volontà di lottare contro un modello di mercificazione dei beni comuni, al cercare una risposta concreta alle proprie necessità, che nasce il “progetto alternativo” per la costruzione della rete fognaria.

Un “progetto alternativo” sia nella sua natura, sia nell’esecuzione e gestione. Un progetto che viene finanziato grazie all’intermediazione dell’Associazione “A Sud”, che presenta la proposta  di costruzione di una rete fognaria per 7000 persone all’AATO di Venezia, e che vince un bando istituito grazie alla volontà politica di promuovere un Fondo di solidarietà raccolto attraverso la tassazione di un centesimo a metro cubo di acqua consumata da tutti i cittadini della Provincia di Venezia.

Questo progetto è un esempio di un’altra cooperazione internazionale, una cooperazione “dal basso”, nata dalla volontà degli stessi beneficiari, una forma di cooperazione diretta da popolo a popolo, finanziata attraverso un fondo costituito da risorse dirette dei cittadini italiani impegnati a difendere e premiare un’esperienza tanto emblematica.
Un progetto alternativo nella sua esecuzione e gestione, perché è un progetto partecipato, condiviso, democratico, in cui la gente stessa ha il potere decisionale, e che viene definito dal popolo cochabambino come un “progetto pilota”, che potrà stimolare simili azioni in altre parti della città, del paese e, perché no, del mondo.

Ogni fase del progetto è stata caratterizzata dalla partecipazione attiva della gente, da una stretta collaborazione tra la popolazione e l’impresa costruttrice dell’opera. La popolazione della comunità ha partecipato direttamente alla realizzazione dell’opera, con l’apporto di mano d’opera di ciascun vicino; ma non solo, ogni decisione, sia tecnica che politica, è stata condivisa e discussa con la gente. Innumerevoli sono state le riunioni e le assemblee, vero esempio di democrazia partecipata, in cui tutti i presenti hanno il diritto di esprimere la propria idea, la parola di tutti viene rispettata, mai interrotta. Le decisioni non vengono mai prese dai soli dirigenti, ma sempre discusse con tutta la base, nella massima trasparenza, attraverso una forma di “controllo sociale” diretta ed efficace.
Un progetto, quindi, della gente e per la gente, costruito e modificato giorno per giorno con gli stessi beneficiari e secondo le reali esigenze.
Questa forma partecipata di gestione ha inoltre garantito un alto grado di responsabilizzazione di ciascuna persona coinvolta nel progetto, che ha avuto un ruolo protagonista in tutta l’esecuzione del progetto stesso e che avrà anche nella futura gestione del sistema.
La partecipazione attiva ha consentito anche un apprendimento e conoscenza tecnica, garantendone la sostenibilità futura e facilitandone l’amministrazione e gestione del sistema, che sarà completamente autonoma e autogestita da parte della stessa comunità, come già avviene per l’acqua potabile.
Inoltre, grazie all’attiva partecipazione dei beneficiari, si è sviluppata una coscienza in tema ambientale, un’attenzione rispetto alla responsabilità del singolo individuo in materia d’inquinamento ambientale, tanto da portare alla decisione di realizzare il trattamento delle acque residuali nella comunità stessa, per non “trasferire il problema” a un’altra comunità, pensando che quando è lontano il problema non esiste.
Si è optato quindi, attraverso un lungo processo di sensibilizzazione e informazione, per realizzare alcuni impianti di fitodepurazione in loco, una tecnologia completamente ecologica e di facile gestione, che consentirà anche il riciclo e riuso dell’acqua trattata a beneficio della comunità stessa, cosciente dell’alto valore di tale risorsa.
E’ la prima volta che a Cochabamba la cooperazione promuove progetti di alto livello tecnologico che affiancano, alle esigenze di base, anche un concetto di alta qualità ed efficienza, al fine di esportare modelli di eccellenza ecologica in luoghi dove fino ad ora la cooperazione internazionale ha sempre e solo pensato di rispondere con interventi umanitari spesso di bassa qualità.

L’esempio di questa piccola comunità rappresenta emblematicamente il  momento di cambio che vive oggi la Bolivia che, dopo anni di dittature, ingiustizie e discriminazioni verso la parte indigena e più povera della popolazione, sta riscattando la propria dignità, le proprie radici, origini e cultura.
Un esempio della forza del popolo, vero artefice del cambiamento di un paese.

E come dice Saul, il Presidente del “Progetto Alternativo”, citando le parole del sub-comandante Marcos: è un esempio di come si possa “mandar obedeciendo la voz del pueblo”: comandare obbedendo alla voce del popolo ...

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