Resoconto sul Forum Sociale Mondiale di Belem

di Renato Di Nicola, Forum italiano dei Movimenti per l'Acqua

Questa nona edizione del Foro Sociale Mondiale (di seguito FSM) ha posto al centro delle attività la questione amazzonica con tutto il suo portato ambientale, sociale, culturale.
I temi legati alle popolazioni, alle identità ed alle cosmovisioni indigene, ai beni comune natura, terra, acqua, sementi, aria, biodiversità hanno fatto da filo conduttore, hanno costruito il senso trasversale alla miriade di attività, incontri, relazioni, cortei, concerti, etc.

 

Allo stesso tempo il FSM si riconferma spazio delle diversità, mondo di tanti mondi che proprio nella diversità e pluralità trova il suo senso più forte e più intimamente contrapposto alla omogeinizzazione, alla conformità, all'assoluto di un sistema capitalistico centrato sullo sviluppo quantitativo del +1.
Un sistema di produzione, consumo e vita che, riducendo tutti a merce, mortifica la vita, i beni comuni, le identità, le speranze di riscatto, ed i territori che ne sono il luogo di snodo, di sedimentazione democratica, di quel mondo necessario da rendere possibile. Non esiste a livello globale una realtà come quella dello spazio FSM che sia in grado di contrapporre al modello capitalista qualcosa di effettivamente nuovo ed attivo sul piano globale e di massa.

 

Non c'è centrale partitica, sindacale, culturale in grado di far coscienza e massa critica come il FSM. Un foro che si propone come "nuovo spazio e nuovo tempo". Un tentativo processuale di riappropriazione di uno spazio di condivisione, scambio e di costruzione di reti ma anche come luogo dove, con metodi diversi, vengono stabilite proposte autonome dai modelli dominanti. Non direttive ed ordini, liturgie e catechismi, organigrammi o centralità perenni ma agende, responsabilità condivise, tempistiche ed azioni autorganizzate.
Da Porto Alegre del 2001 a Bombay, a Nairobi ed ora a Belem, il FSM rilancia di volta in volta il suo potenziale alternativo verso il futuro: questa è la sfida continua che rende difficile una sua codificazione e che finora ne ha preservato la freschezza anche se in questa edizione speravo che diventasse più operativo.

In realtà i risultati del FSM andrebbero visti anche con il metro valutativo del tempo lungo e non solo di quello breve.
Se è vero che il FSM sembra essere ancora ingessato nella decisione di non arrivare a nessuna dichiarazione finale ed a nessuna tabella di marcia, generale e per tutti, è altrettanto vero che in questa edizione si è fatto un passo in avanti "convocando" nel giorno finale tutte le conclusioni delle assemblee tematiche prodotte da quelle reti, tematiche appunto, che sono la spina dorsale del movimento-forum, quelle che operano giorno per giorno a livello planetario per concretare il cambiamento necessario e possibile.

Negli anni sono cresciute reti dei popoli indigeni, quella sull'educazione, quella dell'acqua, quella dei movimenti sociali, sulla migrazione, sul lavoro, sulla scienza, etc. Reti che dallo spazio FSM hanno preso e dato scambio, aggancio, comunicazione, solidarietà, condivisione impostazioni, proposte.
C'è soprattutto la convinzione di lavorare insieme, globalmente ed a livello planetario, con cassette di attrezzi, idee-forza, simboli e tensioni, proposte concrete alternative alla crisi sistemica del capitalismo.
Forse ci si aspettava di più, forza e determinazione nella costruzione alternativa visto che questo FSM si svolgeva nel pieno di quella crisi economica, sociale, finanziaria ed ambientale che avevamo previsto e criticato in piena apoteosi neoliberista già dall'inizio dell'era Forum (Porto Alegre 2001).
Forse era necessaria una maggiore connessione, articolazione organizzativa, sintesi programmatica e di azione tra le reti e noi con il movimento dell'acqua abbiamo anticipato molto di tutto questo basti vedere il collegamento iniziato con movimento contadino e indigeno.

Purtroppo i tempi di crescita dei movimenti, delle persone, delle organizzazioni non sono gli stessi della necessità che ci sarebbe di modificazione della realtà.
Direi che il nostro tempo si colloca tra quello lungo della costruzione culturale, della crescita organizzativa umana ed alternativa di chi si oppone al capitalismo e quello della dimensione economico-finanziaria e di crisi che corre con tempi e modalità del tutto più veloci, con effetti trascinamento a volte imprevedibili e per noi spesso ingovernabili.
Il nostro tempo dovrebbe trovarsi e riconoscersi in questo incrocio. Oggi non basta l'accumulazione sociale se non trova sbocco politico perché la "politica non c'è più".

Dovremmo cimentarci anche sul piano della costruzione dello sbocco politico da dare al nostro agire sociale, sbocco che, in America Latina, ha trovato una risposta, per quanto ancora debole, anche istituzionale alla crisi di contenuto delle forme, delle linguistiche e delle simbologie della politica.
Siamo stretti/costretti come movimenti sociali (ed anche il nostro) a pensare sia al tempo lungo di costruzione alternativa che al tempo breve della risposta immediata e concreta alle necessità dei settori sociali. Senza che i risultati del primo non siano troppo condizionati dal secondo.
E' una sfida enorme ma è la sfida centrale che non possiamo delegare a nessuno se vogliamo continuare a declinare l'altro mondo possibile con l'altro mondo necessario, se vogliamo che la realtà dura e feroce che viviamo porti dentro anche quei sogni per i quali vale la pena di vivere.
In questo snodo della crisi mondiale l'esperienza latino-americana riveste per tutti un interesse primario e non solo perché qui esistono governi ed istituzioni avanzati, in parte prodotto della accumulazione socio-politica-culturale del FSM, che non a caso vengono a Belem ed incontrano, insieme, il popolo degli altermondialisti.

Allo stesso tempo in America Latina troviamo movimenti sociali fortissimi che non hanno certo timore di contrastare le politiche di quei governi amici quando non contengono il segno di un cambiamento reale pur riuscendo in qualche modo ad ottenere avanzamenti sul piano delle politiche sociali.
Queste interessanti dialettiche istituzioni-movimenti sono possibili anche grazie al grado di indipendenza dei movimenti sociali che, inoltre, sono meno nazionalisti del passato come le organizzazioni contadine o che non lo sono per cultura per processi identitari diversi come per il mondo indigeno.
Movimenti sociali che sono, insieme alla diversità e non omogeneità delle esperienze di governo, il contrappeso alla presenza sempre più forte e pesante del Brasile sulle politiche degli altri Paesi (qualcuno parla di sub-imperialismo del Brasile).

Se a far da contrappeso alle pretese della Petrobras, dell'agrobussines, dei padroni delle biotecnologie e delle deforestazione non ci fossero paesi come Bolivia, Ecuador, Venezuela ed internamente movimenti sociali forti, l'esperienza positiva dell'America Latina entrerebbe in crisi facilmente.
Ciononostante il fronte che va da Lula a Chavez passando per l'Argentina, la Bolivia e il Paraguay, passando per Cuba, rimane l'unico contrappeso e di risposta per quanto timida al neoliberismo su scala mondiale.
Allo stesso tempo il peso dei Paesi latino-americani sul FSM alla lunga può trasformarsi in negatività se non si persegue con maggiore determinazione la diversificazione dei luoghi dove tenersi il FSM, privilegiando Africa ed Asia senza dimenticare che il mondo russo e quello ex-sovietico in buona sostanza sono fuori dal processo.
Altri elementi importante da sottolineare sono stati l'alta partecipazione e presenza dei giovani ed il ruolo sempre più presente del mondo delle chiese e dell'ecumenismo all'interno degli sforzi di connessione tra temi sociali e di senso nella costruzione dello spazio FSM.

IL MOVIMENTO PER L'ACQUA

Per quello che ci riguarda come movimento per l'acqua possiamo dire che, nonostante difficoltà ed arretramenti organizzativi rispetto a Caracas e Nairobi, il lavoro svolto si può considerare buono.
Grazie al lavoro svolto da noi italiani in collegamento con Red Vida (la rete delle Americhe) si sono potuti accorpare molti dei seminari che erano stati iscritti da varie organizzazioni e così i tre seminari (è circolato in lista il dettaglio) si sono potuti svolgere in uno stesso giorno permettendo così a molti di poter partecipare anche ad altre attività del FSM. Il giorno 31 era programmata invece una riunione di informazione e strategia su il prossimo controforo ad Istanbul.
Senza tenere una vera e propria assemblea, come hanno fatto altri, il 1 febbraio abbiamo condensato i risultati dei 4 seminari in una dichiarazione (che ho visto tradotta ed inserita nel nostro sito ed inviato da Paolo in lista generale).
Nella dichiarazione c'è una buona sintesi sia dei seminari che delle posizioni generali del movimento elaborato in questi anni. Impedimenti vari non ci hanno permesso di riunirci tutti per la approvazione definitiva della dichiarazione che non è stata formalmente deliberata in modo collettivo, come siamo soliti fare, anche se è stata condivisa da tutti nel contenuto.

Risultati

1- Si è avviato il lavoro di incontro programmatico e di senso tra movimento dell'acqua e quello contadino brasiliano (MST) dando così una risposta positiva e nuova alle urgenze prodotte dalla crisi mondiale come è quello dell'intreccio del tema agrobussines-acqua e quello dell'ampliamento delle relazioni con altri movimenti sociali come quelli contadini.

2- E' stata affrontata, molto più chiaramente del passato, la problematica della difesa dell'acqua dei gradi bacini mondiali come quello del Guaranì o dei bacini idrici di laghi e fiumi frontalieri che le grandi multinazionali e le grandi potenze vogliono mettere sotto il loro controllo estromettendo le popolazioni dalla loro utilizzazione o mettendole le une contro le altre utilizzando il nazionalismo. Abbiamo affermato qualcosa di importante nella discussione e nella dichiarazione, e non vi sembri cosa scontata visto che spesso la dizione bene comune ha suscitato nei latino-americani la paura che fosse un altro modo degli "occidentali" per rapinare le risorse naturali. Abbiamo sottolineato che i bacini e gli acquiferi, soprattutto se frontalieri, devono interessare e coinvolgere tutti a partire dalle comunità locali che non possono però pensare di essere "proprietari" ed unici attori della loro utilizzazione e preservazione. Essendo le acque e questi i bacini beni comuni di grandezza globale insieme alle comunità, ai poteri locali e nazionali devono poter essere coinvolti anche le reti di difesa del bene a livello continentale e mondiale. Fermo restando che le acque di questi bacini non possono essere considerate merci da nessuno nemmeno da parte delle comunità che le gestiscono e le utilizzano in prevalenza.

3- La ferocia sociale della crisi attuale ci ha portato a valutare quanto sia importante a livello planetario collegare le tematiche del reddito delle persone e del costo della vita in generale a quelle della salvaguardia e giusto utilizzo dei beni comuni come è l'acqua altrimenti si corre il rischio che parte della popolazione si impegni meno per la battaglia sull'acqua. Per questo è stato importante aver dato il nostro apprezzato contributo come movimento dell'acqua ai lavori di un seminario organizzato da varie reti mondiali che si è riunita proprio per trovare una sintesi ed una proposta globale alla crisi mondiale.

4- Abbiamo ribadito che la proprietà e la gestione pubblica dell'acqua siano solo la precondizione necessaria alla partecipazione reale. Partecipazione dei cittadini, lavoratori e poteri locali che sola può garantire dalla burocratizzazione, dall'inefficacia, dalla corruzione le aziende pubbliche.
Abbiamo sottolineato come la partecipazione è l'aspetto fondamentale della nostra lotta sia nelle fasi di resistenza (vedi la raccolta di due milioni e mezzo di firme per il referendum in Colombia) che, ed a maggior ragione, nella fase di gestione successiva alla ripubblicizzazione.
Allo stesso tempo, pur valutando molto positivamente l'inserimento dell'acqua quale diritto umano fondamentale nelle nuove costituzioni boliviana ed ecuadoriana, si è sottolineato che solo una susseguente legislazione ordinaria può meglio garantire l'esercizio concreto della partecipazione senza che il diritto costituzionale rimanga solo enunciazione senza effetto. E si evita così anche privatizzazioni truccate o accordi pubblico-privati come purtroppo sta avvenendo in Brasile ed in parte anche in Bolivia. Tra l'altro senza partecipazione e contenuti applicativi concreti la spinta propulsiva dei movimenti e dei cittadini tende a ritrarsi ed involvere.

5- Le responsabilità nella gestione della partecipazione non è solo a livello governativo, dei processi deliberativi nazionali o locali, ma è anche dei movimenti e di noi stessi. Solo con il nostro responsabile impegno partecipativo le gestioni sapranno essere alternative.

6- Dalle esperienze e dagli interventi di noi italiani e dei colombiani in particolare emerge con forza la tipificazione di un nuovo concetto-simbolico di terra che ora identifichiamo come "territorio".
I territori sono lo spazio-tempo dove le comunità sociali ed umane si relazionano con la natura nel suo complesso e con i beni comuni acqua, aria, terra, fuoco, cibo. Territori su cui ragionare, nei quali vivono concretamente e non solo idealmente processi identitari nuovi ed aperti e dove crescono le capacità di resistenza ed alternativa possibile.
Ognuno vi può partecipare e può contemporaneamente controllare democraticamente perché vicino a se ed al suo se più intimo. Territorio come possibile forma, non localistica ma intima e globale, dove il partire dal se può trovare la strada per andare verso l'altro da se, luogo, hub, snodo del collegamento di reti e con reti altre, importante centro di vita fuori dalla catastrofe sociale del capitalismo finanziario.
Anche da questo punto di vista le esperienze di lotta territoriale, caratteristica del movimento italiano dell'acqua, è stata molto importante ed ha trovato aggancio relazionale e politico con altre realtà, soprattutto boliviane e colombiane. In particolare con quelle colombiane dove i punti di contatto e somiglianza sono sorprendenti (l'interlocuzione con il governo di Uribe e con il Parlamento a maggioranza di destra e senza presenza di una sinistra per esempio ricorda molto la situazione italiana data per persa ed incapace di azione politica per i movimenti ed invece possibile luogo dove ribaltare quel senso di sconfitta in cui si attarda chi era fin troppo dentro le beghe partitiche).

La partecipazione ai seminari sull'acqua è stata buona nonostante la ristrettezza dei locali e la inesistenza delle traduzioni (il FMS non usa più la rete Babel e le traduzioni bisognava pagarsele).
Nei primi due seminari la partecipazione non è andata mai sotto le 80 persone. Purtroppo si è notata la scarsa presenza dei brasiliani, al contrario che nelle altre attività del FSM in cui erano largamente maggioritari, probabilmente perché il movimento brasiliano dell'acqua è esteso ma scarsamente coordinato. Gli italiani partecipanti sono stati 15 mentre a livello europeo c'era pochissima gente, statunitensi 5, 1 africano ed 1 asiatico. Mancavano quasi tutte le ONG europee, salvo la presenza di France Libertè (due persone).

Le ONG sembrano sempre più interessate esclusivamente alle loro attività e poco a quelle di rete (a quella Europea ed anche a quella italiana visto che partecipano sempre meno alle riunioni dove si affrontano i temi internazionali).
Il clima dei lavori è stato discreto anche se sulla questione Istanbul si è notata una certa distanza ed una poca attenzione alle dinamiche-sociali e politiche caratterizzano la Turchia.
Abbiamo notato anche una scarsa attenzione verso il controforum ad Istanbul visto come cosa lontana dalle proprie quotidianità. In alcuni non c'è l'intenzione a partecipare perché sono abituati a viaggiare all'estero solo se gli vengono pagati i viaggi aerei e permanenza anche se appartenenti ad ONG o Organizzazioni sindacali sicuramente più dotati di risorse di noi mentre per altri c'è un problema di povertà aggravata dalla crisi mondiale che si attraversa.

Comunque il fatto che dinamiche economiche (e quindi influenti anche sul piano delle politiche concrete) determinino così fortemente le possibilità di partecipazione o meno agli appuntamenti internazionali deve farci riflettere. L'attività internazionale di un Foro nazionale non può dipendere da una ONG che decide finanziamenti e persone in base alle sue priorità e non può dipendere nemmeno soggettivisticamente dal lodevole impegno finanziario personale di qualcuno.
C'è l'improrogabile necessità che le nostre attività internazionali, nel quadro delle decisioni prese dal Coordinamento del Foro Italiano, vengano sostenute da tutti i militanti dell'acqua collettivamente.
L'unica proposta di autofinanziamento ordinario è venuta finora da Francesca-Yaku che era quella di destinare una quota minima derivante dai finanziamenti ricevuti dalle diverse associazioni e organizzazioni aderenti alle attività internazionali del Foro, proposta rimasta completamente non considerata da altri. Dobbiamo fare uno sforzo tutti per risolvere il problema.

IL CONTROFORO DI ISTANBUL

Il seminario tenuto in merito più che strategico è stato soprattutto informativo perché la maggior parte dei partecipanti non conosceva le dinamiche che, a partire dal 97, ci hanno portato ad organizzare l'opposizione al Consiglio Mondiale dell'Acqua.
Anche per molti militanti dei movimenti dell'acqua non erano chiare le metodologie del nostro agire, non conoscevano o non avevano riflettuto sul significato pieno della dichiarazione di Città del Messico.
Abbiamo quindi sintetizzato le ragioni per le quali noi costruiamo i contro forum:

1- Dare voce ai popoli ed alle lotte che, soprattutto nel Paese ospitante, voce non hanno.
2- Contestare l'azione e la legittimità del Consiglio Mondiale dell'Acqua a convocare governi, Onu e potere pubblici per definire le scelte generali su un bene così essenziale come l'acqua tra l'altro senza la presenza dei cittadini, dei lavoratori, dei popoli e delle comunità.
3- Rafforzare le reti mondiali in difesa dell'acqua pubblica e partecipata con l'ingresso di nuovi attori locali ed internazionali. Approfondire temi, ampliare le alleanze sociali.
4- Definire noi il significato del Diritto Umano all'acqua ed impedire che passi un significato generico e debole ad uso e consumo dei progetti di privatizzazione.
5- Portare sul nostro piano poteri locali e nazionali in modo che le nostre esigenze trovino sempre più spazio nelle legislazioni dei vari Paesi.

Abbiamo informato sulle dinamiche che caratterizzano l'organizzazione in due coordinamenti delle proteste al Consiglio Mondiale dell'Acqua ed i motivi per i quali non sono riusciti a tenere un controforum unitario. Oltre alla partecipazione alle attività di tutte e due i coordinamenti ed alla realizzazione di una Web unitaria (http://www.peopleswaterforum.org) dove poter individuare da parte di tutti le attività che saranno messe in campo da tutti. Noi come reti continentali, abbiamo organizzato due sessioni internazionali cui parteciperanno entrambi i coordinamenti (per la Turchia è una importante novità).
Una sessione prevede un confronto Istituzioni-Movimenti con la partecipazione di Miguel d'Escoto Presidente della Assemblea dell'Onu, di Maude Barlow relatrice speciale sull'acqua dell'ONU (e personalità del movimento dell'acqua del Nord America) e di alcuni ministri latino-americani.
L'altra invece sarà di strategia dei movimenti per riattualizzare la Dichiarazione di Città del Messico e stabilire l'agenda delle attività globali del movimento.

Abbiamo informato sulla attuale situazione politica della Turchia, sulle privatizzazioni in atto, sulla realizzazione di tantissime dighe idroelettriche che deturpano il territorio, sul tentativo di controllare la riserva acquifera del Tigri-Eufrate importantissima dal punto di vista strategico, sulle contraddizioni turco-kurde legate alla repressione contro le istanze di libertà dei kurdi ed alla guerra scatenata contro di loro dall'esercito turco. Per tutto ciò abbiamo deciso che ogni realtà nazionale prema sul proprio governo affinché non sia repressa nessuna attività di lotta e che vengano garantiti gli spazi di agibilità politica.
Il movimento mondiale dell'acqua in questa fase ad Istanbul deve evitare due problemi: quello di centrare tutto sulla questione kurda, che porterebbe ad offuscare la dimensione mondiale del tema acqua e, allo stesso tempo, quello che si tratti globalmente il tema acqua ignorando la problematica kurda.
All'incontro non ha partecipato uno dei coordinamenti, la Plattaform, e quindi l'informazione su programmi ed attività del contro-forum sono state esposte dalla delegazione presente del coordinamento Alternative. A breve invieremo una informativa per chi volesse partecipare alle attività del Controforum. Ad Instanbul verranno prodotte anche azioni dentro il foro ufficiale da parte delle organizzazioni che lo riterranno importante.

Oltre alle mobilitazioni ad Istanbul (16-22 marzo) abbiamo indetto una settimana di mobilitazione decentrata in tutti i Paesi dove siamo presenti. Mobilitazione che, insieme a temi di carattere nazionale, si caratterizzino per una manifesta opposizione alla legittimità del Consiglio Mondiale dell'Acqua e per l'acqua diritto umano da inscrivere nelle legislazioni di tutto il mondo. Sarà una articolazione globale della lotta. Questo mi sembra un risultato veramente positivo vista la sottovalutazione iniziale da parte dei latino-americani della questione Istanbul. E' un buon risultato anche dal punto di vista metodologico per la capacità del nostro movimento per l'acqua di concentrare le forze per un evento internazionale ed allo stesso tempo e contemporaneamente ampliare la partecipazione ed i luoghi di partecipazione articolando l'impegno di lotta sui territori.

Nel corso delle attività a volte ci sono stati momenti di criticità e di tensione sulle metodologie non sui contenuti ma sappiamo che la democrazia e la "convivialità delle differenze" non si definiscono una volta per sempre, che democrazia non è un concetto predefinito ma un processo che trova efficacia nel divenire costante dell'agire.
Di fronte alle difficoltà abbiamo preferito vedere il bicchiere mezzo pieno sapendo dell'esistenza di quello mezzo vuoto. E con ciò abbiamo fatto una scelta precisa: di fronte alle difficoltà ci siamo ricordati che al centro del nostro operare c'è la difesa dell'acqua ed un movimento di lotta composito e non le rispettive linee e organizzazioni.
Per cambiare la realtà non basta organizzare incontri e meeting internazionali con tanto di portafogli pieno. Ci vuole il coraggio di non chiudere gli occhi di fronte alla realtà, di sentire in carne propria i dolori di questo mondo, ci vuole il coraggio di trasformare il dolore in rabbia degna (come dice Hebe de Bonafini delle Madres de Plaza de Mayo). Ci vuole il coraggio di trasformare la rabbia in progetto politico e gioia della costruzione di un mondo nuovo.

Ci vuole coraggio anche da parte vostra ad ascoltare quello che vi raccontiamo e crederci anche senza aver visto di persona. E' una fiducia "compartida" che apprezziamo.
E comunque ci vuole ancora più coraggio da parte degli indigeni, dei subaterni, degli esclusi, degli sfruttati a fidarsi ancora di chi come noi si vive da quell'altro pezzo di mondo che consuma la gran parte delle risorse mondiali e che è disposto a scatenare catastrofi e guerre pur di salvare il proprio modello ingiusto di vita.

Ci siamo anche presi in giro e divertiti, perché no! Pensate che a Davos i padroni del mondo, ci raccontano le agenzie, questa volta non hanno organizzato galà, hanno fatto tutto in sordina.
Noi no, abbiamo operato alla luce del sole, con gioia, d'altronde eravamo in Brasile, e non si sarebbe potuto fare altrimenti!

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