Il grande divorzio del secolo

di David Andersson.

La pandemia di Covid ha spinto la stretta relazione tra lavoro e denaro verso un amaro divorzio.

Milioni di persone hanno perso il loro lavoro e i loro soldi, alcuni hanno mantenuto il lavoro e i soldi, e altri hanno ottenuto ancora più soldi senza fare molto. Questa situazione non è iniziata con la pandemia, ma è diventata più evidente e ha creato un disastro sociale, con ore di fila ai banchi alimentari...

Solo negli Stati Uniti, 20 milioni di persone hanno perso l’impiego quasi da un giorno all’altro. Se lavoravi in un ristorante, un’istituzione culturale, un club o un teatro, eri sfortunato, disoccupato e senza reddito. Se invece avevi un posto che permetteva di lavorare a distanza, potevi continuare a lavorare e i soldi continuavano ad arrivare. Come si è scoperto, molte delle persone con un lavoro a basso salario lo hanno perso, mentre la maggior parte di coloro che avevano salari più alti lo hanno mantenuto e, in alcuni casi, hanno persino visto i loro redditi aumentare durante la pandemia. Dov’è l’equità in questo? Nessuna società moderna dovrebbe essere sviluppata con questo tipo di struttura.

Oltre a questo, abbiamo ancora un sistema folle in cui l’assicurazione sanitaria della maggior parte delle persone è legata al loro lavoro. Così, nel mezzo di una delle peggiori crisi sanitarie del secolo, molti dei 20 milioni che hanno perso il posto hanno anche perso l’accesso all’assicurazione sanitaria.

Per secoli il lavoro è stato accettato come il principale distributore di ricchezza, sia come compenso per il tempo lavorato che attraverso il pagamento di beni prodotti. Oggi è chiaro però che il lavoro non ha la forza né la capacità di ridistribuire realmente la crescente concentrazione di capitale. I redditi delle famiglie sono cresciuti solo modestamente in questo secolo e la loro ricchezza non è tornata ai livelli pre-recessione. L’ineguaglianza economica, sia misurata attraverso i divari di reddito sia di ricchezza tra le famiglie più ricche e quelle più povere, continua ad allargarsi e si prevede che l’economia post-pandemia non farà che esacerbare questa tendenza (che viene descritta come a forma di K – la metà superiore continuerà a salire mentre la metà inferiore tenderà a scendere). La crescita del reddito negli ultimi decenni è stata costantemente indirizzata verso le famiglie a reddito alto: circa l’82% del denaro generato nel 2017, secondo Oxfam, è andato all’1% più ricco della popolazione globale, mentre la metà più povera non ha visto alcun aumento. Qui negli Stati Uniti la classe media, che una volta comprendeva la netta maggioranza degli americani, si sta rapidamente riducendo.

La risposta a questo, ci viene detto, è investire di più. Tuttavia, durante la crisi del 2008 milioni di persone che avevano lavorato duramente per decenni hanno visto le loro pensioni e i loro risparmi svanire da un giorno all’altro nel mercato azionario. Il lavoro era stato svolto, ma i soldi erano spariti.

Eppure ascoltate qualsiasi politico medio, sia esso democratico, repubblicano o anche indipendente, e sentirete il mantra popolare di “lavoro, lavoro, lavoro”, come se questa fosse la soluzione a tutto. Gli permette, dopo essere stati eletti, di giustificare l’aumento delle spese militari, le fabbriche inquinanti e le oscene agevolazioni fiscali per le imprese, tutto in nome della “creazione di posti di lavoro”. Questa è la tattica usata contro i nativi americani per spingerli fuori dalle loro terre sacre, in modo da poter costruire oleodotti. E per tutti i loro discorsi sull’importanza del lavoro, questi politici fanno poco in nome dei diritti dei lavoratori, che vengono erosi anno dopo anno e permettono invece alle corporazioni di avere sempre più influenza sulla politica del lavoro.

In realtà, la nozione di lavoro è tutta una questione di controllo.  Riguarda il controllo di te e del tuo comportamento, cosa puoi fare e cosa non puoi fare, a che ora iniziare e quando finire, cosa puoi indossare, quando puoi fare una pausa o andare in vacanza. In alcuni luoghi, ogni pochi anni si aspettano che ti sposti, da città a città o da paese a paese.  E ora in questa nuova “gig economy” puoi essere il capo di te stesso, senza capitale, senza clienti e senza strategia, solo un servitore precario di una società giorno per giorno – senza “essere impiegato”.

In una società libera le persone dovrebbero essere in grado di spendere il proprio tempo e la propria energia facendo qualcosa che abbia un significato per loro. Dovrebbero impegnarsi a lavorare insieme per costruire il tipo di società a cui tutti aspiriamo. Se siete veramente interessati a far progredire il nostro mondo, interessati ad aiutare lo sviluppo dell’essere umano, questo è il vostro problema. Anche se pochi vogliono toccare l’argomento, dobbiamo andare oltre questa relazione debilitante tra lavoro e denaro. Questo divorzio avrà enormi conseguenze per le nostre vite e per la società in generale. immaginate di non dover aspettare la pensione per 30 o più anni prima di poter iniziare a vivere.

Dobbiamo rompere il condizionamento di base di nascita, istruzione, lavoro e pensione. Non c’è nessuna legge naturale alla base di questo ciclo. Il nostro contributo a questo mondo inizia nel momento della nascita, quando diventiamo un Essere Umano. Se vogliamo che la società si evolva, non possiamo continuare a spendere la maggior parte del nostro tempo, della nostra energia e delle nostre emozioni facendo qualcosa che non ha senso. Dovremmo essere in grado di offrire ciò che abbiamo, sviluppare le nostre migliori qualità e aprirci per imparare, amare, costruire, scoprire, condividere e immaginare un nuovo mondo.

Dovremo ridefinire quasi tutto. Qual è il senso della vita, cos’è la libertà, cos’è l’educazione? Immaginate di passare 15 anni a scuola imparando a rispondere a una sola domanda: qual è il contributo che voglio veramente dare a questo mondo?

Vi lascio con questa domanda e per favore non preoccupatevi così tanto dei soldi.

Traduzione dall’inglese di Thomas Schmid. Revisione di Anna Polo.

Tratto da: https://www.pressenza.com/it/2021/02/il-grande-divorzio-del-secolo/

 

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