Il mito dell'elettore irrazionale

di Giulio Cesare Bertolucci.        
ImagePiccola recensione del recente libro di un economista americano, il prof. Brian  Caplan, della George Mason University. A modesto avviso di chi scrive, la cosa può essere interessante  anche nel quadro della politica italiana. Infatti, chiunque segua una qualsiasi campagna elettorale ha a volte l’impressione che gli elettori vengano considerati degli “idioti”, che danno il loro favore – e il loro voto – a chi promette loro politiche irrazionali. In una democrazia, degli uomini politici razionali danno agli elettori quello che irrazionalmente essi vogliono. Il libro in oggetto tenta di spiegare perché è importante e che cosa si può fare su questo problema ...

Il mondo è un posto complesso e la maggioranza della gente è ignorante su quello che veramente accade: solo il 15 % degli americani conosce, ad esempio, il nome del Presidente della Camera dei Rappresentanti: l’unico politico USA ad essere conosciuto dal 90% dei cittadini, oltre al Presidente, è Arnold Schwarzenegger, ma solo perché è stato il Terminator in film di grande successo.
La maggioranza dei sociologi politici ritiene che l’ignoranza degli elettori, che si traduce sempre nell’ignoranza di molti eletti, non abbia importanza a causa di una miracolo permanente delle democrazie, il “Miracolo dell’Aggregazione” o, con più romanticismo, la “Saggezza delle Folle”.
                             
Se gli elettori votano a casaccio, la maggioranza di quelli bene informati vince. Questo si verifica in numerosi casi, anche non legati alla politica: ad esempio i  mercati finanziari, dove si registra un grande numero di puntate fatte con scarsa o nulla informazione preliminare, danno il vero valore di titoli azionari o di altro tipo con maggiore accuratezza di quanto possano fare persone esperte. Il prof. Caplan, però, sostiene che in politica le cose non vanno così: gli elettori non votano a casaccio.
                              
Caplan identifica quattro pulsioni che sistematicamente spingono gli elettori a chiedere politiche che quando applicate li fanno stare peggio:
• La gente non capisce come il perseguire benefici settoriali, anche privati, migliori la situazione della pubblica ricchezza e benessere: il sentimento generale della gente è anti mercato e anti bene pubblico.
• La gente non sa valutare quanto sia utile collaborare e/o fare accordi con degli stranieri: gli elettori sono istintivamente xenofobi.
• La gente identifica il benessere con il posto di lavoro e non con la produzione in aumento. Questo può essere definito “il sentimento di fare del lavoro”, non di crearlo.
• La gente tende sempre, senza eccezioni, ad essere pessimista: questo incide sui politici e sull’andamento economico, ad esempio quando chi deve investire ha fiducia e si indebita, i politici non lo aiutano attivando invece il sentimento negativo degli elettori.

Il prof. Caplan cerca di spiegare quanto forti siano le pulsioni sopracitate, confrontando le opinioni del pubblico in generale con quelle degli economisti e dei non economisti bene informati. Ad esempio, alla domanda “ma perché la benzina è così cara ?”, il pubblico non informato dà la colpa alle multinazionali del petrolio. Gli economisti spiegano il fatto con la legge della domanda e dell’offerta. Ma questa legge è la più ostica da spiegare agli elettori, sia americani che di altri paesi, e nessun politico neppure la nomina pena un sanguinoso suicidio alla prossime elezioni.
E così anche i migliori politici stanno zitti cercando spiegazioni borbottate, mentre i politici di estrema e i movimenti gettano guano addosso a tutte le industrie, in particolare se americane e multinazionali.
La Cina, che è la vera causa dell’aumento del petrolio e delle materie prime, non viene neppure nominata per ordine dei Ministeri degli Esteri e dell’Economia, che non vogliono giustamente compromettere contratti e flussi finanziari favorevoli.
                             
La xenofobia latente è anche molto pronunciata. La maggioranza degli elettori pensa di essere in cattive acque e con il posto di lavoro in pericolo a causa dei posti di lavoro che vanno all’estero per i – molto - minori costi della manodopera. Nessun economista od esperto la pensa così. Qualsiasi persona è felice potendo comprare al mercato una camicia per 3 €, ma protesta quando il tessile nazionale fa le dimostrazioni a Roma, con debita fanfara dei sindacalisti, per protestare contro la chiusura di questa o di quelle fabbrica.
                            
Il sentimento del “fare lavoro” è molto forte e diffuso. Circa 25 anni fa, la Fiat Agri realizzò, su contratto dell’allora Cina comunista, una Fattoria modello di alcune decine di ettari, secondo i dettami più moderni della tecnologia agricola: macchinari in serie completa dall’aratro alla trebbia, stalle, porcilaie e pollai modello con razionalissimi ed economici sistemi di raccolta e utilizzo letame etc. etc.
La Fattoria Modello avrebbe impiegato circa 200 persone in luogo delle circa 1200 che si potevano impiegare. La Fattoria venne finita, ma il contratto venne interrotto (prevedeva altre simili Fattorie). Il Ministro dell’Agricoltura pagò e ringraziò la Fiat Agri, con questo commento degno di Confucio: “La vostra perizia è stata superata solo dalla nostra imprevidenza”.
                             
Del resto, chi ha l’età di chi scrive e viene dall’Emilia, ricorda le centinaia di “scarriolanti”, che costruivano, come macchine movimento terra umane, gli argini nella Bassa Padana. Era un lavoro infame e non vivevano a lungo, ma si combatteva la fame. Sembra impossibile che in Emilia ci potesse essere la fame, specie in inverno, ma ce n’era, e tanta.
                             
I politici, anche se capiscono che la modernizzazione crea più lavoro di quanto non ne tolga, pure seguono la tendenza di chi lamenta la sparizione di certi lavori ormai inutili (caso Alitalia), con risultati a volte sorprendenti: in USA lo Stato dell’Oregon ha passato una legge che vieta le Stazioni di Servizio completamente automatizzate: ci deve sempre essere almeno una persona.
                             
Infine, il pessimismo prevale sempre: i nostri figli saranno nei guai, i loro figli saranno dei derelitti, il lavoro sparirà, non sapremo più cosa fare, i ricchi evadono le tasse (beh, è vero), non c’è più giustizia uguale per tutti (beh….) E i politici trovano utile  infiammare le paure della gente – pensiamo solo alla Lega Nord - specie quando quella che Napoleone chiamava  “l’ignoranza benestante dei bottegai”, viene messa in pericolo richiedendo più cultura e preparazione (oltre che più tasse).
                             
In breve, la Democrazia è un gran pasticcio, ma la Dittatura è molto peggio.
Il Commento classico di Churchill, che definisce la democrazia “la peggiore forma di Governo, tranne tutte le altre prima tentate nella storia” in genere chiude ogni discussione. Il prof. Caplan ritiene che invece si debba approfondire l’argomento: secondo lui si dovrebbero lasciare più libere le industrie e le attività economiche, per evitare sia le negative  tendenze del “popolo bue” sia i pareri degli economisti più o meno di parte: ovviamente il prof. Caplan è molto semplicistico, persino per l’America, e certamente farà bene a non candidarsi per un ufficio elettivo: non sarebbe eletto neppure bidello.

 

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