Sosteniamo la Proposta di Legge per l'istituzione del reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro

In Italia, ogni giorno, almeno tre lavoratori e lavoratrici perdono la vita: una vera e propria strage. Migliaia di morti che sarebbero evitabili, se fossero rispettate le misure a tutela della salute e della sicurezza di lavoratori e lavoratrici.
In Italia è diffusa una cultura che vede nella salute e nella sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici un costo da ridurre per aumentare i profitti. Per questo siamo convinti che serva un reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro: un deterrente contro chi vuole speculare sulle vite di chi lavora.
Questo ha portato alla costruzione di un comitato ed alla presentazione di una legge di iniziativa popolare; vogliamo introdurre una nuova fattispecie di reato: quella dell’omicidio e delle lesioni gravi o gravissime sul lavoro, per tutelare la salute di tutte e tutti...

Negli ultimi 5 anni in Italia oltre 4 mila lavoratrici e lavoratori sono morti sui luoghi di lavoro, quasi 4 milioni hanno riportato gravi ferite, traumi e danni di varia natura, a causa, in particolar modo, di tagli, schiacciamenti, urti, cadute dall’alto; circa 300 mila hanno subìto un danno permanente; oltre 300 mila si sono ammalati perché esposti ad agenti inquinanti ed a ritmi di lavoro usuranti.

A fronte di questi numeri impressionanti le pene comminate ai responsabili per la mancata osservanza delle disposizioni normative in materia di prevenzione dei rischi per la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro sono molto tenui e di scarsa rilevanza.

Prima dell’approvazione del decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, le risposte sanzionatorie ai casi di incidenti sul lavoro avvenivano in assenza di disciplina penale specifica. Il nostro codice penale, prevedendo soltanto le fattispecie di reato di omicidio colposo e di omicidio doloso, rendeva, di fatto, determinante la verifica dell’elemento psicologico dell’agente, al fine di ricondurre il caso concreto nell’alveo della fattispecie di reato ad essa corrispondente.

Ciò avveniva a seguito di oscillanti interpretazioni giurisprudenziali, legate all’analisi del requisito soggettivo della condotta di volta in volta in esame, allo scopo di verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi di colpa cosciente o di dolo eventuale, presupposti per la comminazione delle pene.

Si ricorda che la colpa cosciente sussiste quando l’agente, pur rappresentandosi l’astratta possibilità di realizzazione di un evento che determini la morte o la lesione del lavoratore, ne respinge il rischio, confidando nella propria capacità di controllare l’azione. Nel caso di dolo eventuale, invece, sussiste l’accettazione del rischio che si realizzi l’evento, concretamente possibile, pur non direttamente voluto.

A seguito di tali difficoltà e del drammatico e costante susseguirsi di gravi incidenti sul lavoro, talvolta anche mortali, il Governo varò il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, recante «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica».

Con esso, si mirò a modificare e integrare la disciplina di omicidio colposo, inasprendo il trattamento sanzionatorio di tale reato e del reato di lesioni personali colpose, dando autonomo risalto alle ipotesi in cui tali reati fossero commessi con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

Nonostante ciò, non si sono mai rivelati adeguati l’ordinamento giuridico italiano e i trattamenti sanzionatori, di fronte a ogni caso in cui il datore di lavoro cagionasse la morte di un lavoratore, per distrazione, disinteresse, o noncuranza delle normative sulla sicurezza, al fine di privilegiare il profitto rispetto alla tutela della vita umana, della salute, del diritto al lavoro e della dignità umana.

L’attuale assetto normativo prevede, infatti, all’art. 589 comma 2 del codice penale, il reato di omicidio colposo aggravato, con pene dai 2 ai 7 anni di reclusione, qualora l’evento mortale avvenga in conseguenza di violazioni delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, attualmente stabilite dal Decreto legislativo 81/2008. La genericità degli obblighi e le entità delle pene previste rendono, de facto, poco efficace il potere di deterrenza nei confronti dei responsabili.

Per questi motivi, il nuovo reato di omicidio e lesioni personali gravi e gravissime sul lavoro, che si intende introdurre con la presente proposta di legge, attribuisce rilevanza penale ad una serie di condotte del datore di lavoro, prevedendo entità di sanzioni differenti in base al grado della colpa o dell’agente e della gravità del fatto.

Le norme de quo stabiliscono un aumento di pena nei casi in cui il datore di lavoro non abbia adempiuto agli obblighi necessari a tutelare la sicurezza sui luoghi di lavoro, frutto di un ingiustificabile e inaccettabile disinteresse per la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Tale disegno di legge, precisamente, introduce nel nostro ordinamento il reato di omicidio sul lavoro e lesioni gravi e gravissime, alla stregua della recente introduzione del reato di omicidio stradale, realizzato attraverso l’introduzione dell’articolo 589-bis del codice penale, nonché una serie di sanzioni che determinino un efficace potere di deterrenza nei confronti di coloro che, con l’obiettivo di ridurre i costi e aumentare il profitto, deliberatamente violino gli obblighi di legge e provochino con il loro comportamento infortuni mortali e lesioni gravi per lavoratrici e lavoratori.

Nel corso della XVII e XVIII legislatura sono stati presentati al Senato della Repubblica due disegni di legge molto simili, assegnati alla II Commissione Giustizia, il cui iter di discussione non è mai iniziato, e che prevedono, anch’essi, l’introduzione del reato di omicidio sul lavoro e del reato di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime: il primo DDL a firma dei Senatori Barozzino e Casson ed il secondo a prima firma della Senatrice Valeria Valente.

I disegni di legge introducono nuovi articoli nel codice penale aventi per oggetto, rispettivamente, il reato di omicidio sul lavoro (589-quater, 589-quinquies) e quello di lesioni personali sul lavoro gravi o gravissime (590-septies e 590-octies).

In entrambi, si conferma l’entità della pena già definita nell’art 589 c.p. in vigore, e si prevede un aumento, da 8 a 12 anni di reclusione, in caso di morte del lavoratore, e da 3 a 7 anni, per lesioni gravi o gravissime, qualora risulti che il datore di lavoro non abbia adempiuto:

– ai due obblighi base previsti dal D. Lgs. 81/08 per la tutela della salute e la sicurezza: la valutazione dei rischi e la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi (RSPP);
– agli obblighi per la prevenzione e protezione dai rischi da agenti fisici, sostanze pericolose, agenti biologici, incendio, previsti da capitoli specifici del D. Lgs 81/08, e/o per mancata consegna ai lavoratori di attrezzature di lavoro e Dpi a norma.

Con la presente proposta, si intende ulteriormente rafforzare il sistema di “obblighi-sanzioni-pene”, sia per il reato di omicidio che di lesioni gravi, e si propone, oltre ad un aumento rilevante delle pene, di risolvere le criticità rispetto alla violazione dei cosiddetti obblighi di base del D. Lgs. 81/08, in particolare, rispetto alle caratteristiche della Valutazione dei Rischi e del relativo Documento (DVR).

Non si ritiene infatti sufficiente introdurre la previsione di un aumento di pena, in caso di morte o lesioni gravi del lavoratore, unicamente nel caso in cui il datore di lavoro non abbia predisposto il Documento di Valutazione dei Rischi, considerando determinante il mero assolvimento di un obbligo burocratico.

La previsione di un aumento di pena non avrebbe alcun potere di deterrenza nei confronti del datore di lavoro se non si definiscono dettagliatamente le caratteristiche che deve avere un DVR, per essere ritenuto corretto e “non punibile”, sia dal punto di vista metodologico sia rispetto alla veridicità dei dati sui quali si basa la valutazione del livello di esposizione al rischio del lavoratore.

È indispensabile, quindi, per stabilire se un DVR può essere ritenuto corretto, ed il datore di lavoro non punibile per tale mancanza, definire (con modifiche ai relativi articoli del D.lgs. 81/08):

A. Le caratteristiche metodologiche che deve possedere un DVR per essere conforme alle norme tecniche di riferimento per le differenti tipologie di rischio.

B. L’obbligo per il datore di lavoro di adottare, sulla base della valutazione dei rischi, le misure di prevenzione secondo lo schema per priorità: eliminare il rischio alla fonte, adottare misure di protezione collettive, fornire ai lavoratori i Dpi solo se, nonostante l’adozione delle prime due tipologie di misure, rimane del rischio residuo.

C. L’obbligo, per soggetti che indagano sulle cause della morte e delle lesioni subite dal lavoratore, di verificare, con la partecipazione degli RLS ed il supporto di tecnici esperti nelle diverse tipologie di rischio, che tutti i dati sui quali si basa la valutazione dei rischi corrispondano al livello reale di rischio al quale sono esposti i lavoratori.

Per maggiori informazioni e per sottoscrivere la Proposta di legge: https://leggeomicidiosullavoro.it/

 

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