Il Jobs Act dieci anni dopo: precarietà e bassi salari

A cura della Fondazione Di Vittorio.

A dieci anni dall’introduzione del Jobs Act e alla viglilia dei 4 referendum sul lavoro, la Fondazione Di Vittorio ha pubblicato il rapporto “Precarietà e bassi salari” che documenta il degrado del lavoro in Italia e fa un bilancio delle politiche realizzate. Ne presentiamo qui alcune parti...

L’occupazione e i contratti

Del totale di 18 milioni e 800 mila occupati dipendenti del 2024, 13 milioni e mezzo sono quelli “standard”, a tempo indeterminato e a tempo pieno e 2 milioni e mezzo sono a tempo indeterminato e part time. Se consideriamo l’andamento nel tempo, i dipendenti “standard” sono aumentati lievemente rispetto ai 12 milioni e 600 mila del 2004, avevano avuto un calo fino al 2020, e hanno registrato una ripresa nel dopo-pandemia per la necessità delle imprese di disporre di figure professionali la cui offerta è stata in parte scompaginata dalla recessione.

Se passiamo ai lavoratori a tempo determinato, nel 2024 abbiamo 2 milioni di lavoratori a termine a tempo pieno e 800 mila part time. Se consideriamo tutti i lavoratori “non standard” (quelli a termine e tutti i part time) arriviamo a 5 milioni e 300 mila persone.

Guardiamo ora alle variazioni: nei vent’anni tra il 2004 e il 2024, l’occupazione dipendente totale è cresciuta complessivamente del 17%. I lavoratori “standard”, a tempo indeterminato e a tempo pieno, sono cresciuti solo dell’7,2%, mentre quelli stabili ma part time sono aumentati del 60%. Se consideriamo quelli a tempo determinato, le posizioni a tempo pieno sono aumentate del 32% mentre quelle part time sono raddoppiate con un aumento del 95%.

La Figura 1 mostra l’evoluzione delle attivazioni di nuovi contratti (senza considerare le cessazioni) avendo come punto di partenza l’introduzione del Jobs Act. Emerge una chiara divergenza tra le tipologie contrattuali: a partire dal 2016 si amplia notevolmente il numero di nuovi contratti a tempo determinato e parasubordinati (apprendistato, stagionali, somministrazione ed intermittenti). I valori assoluti sono impressionanti: nel 2024 sono stati 3 milioni e 700 mila i contratti a tempo determinato e 3 milioni e 100 mila i contratti parasubordinati. Come termine di riferimento, ricordiamo che il totale delle persone dipendenti a tempo determinato è di 2 milioni e 800 mila. Gran parte dei contratti è quindi per periodi inferiori all’anno, con un’elevatissima frammentazione delle posizioni lavorative. Le dimensioni raggiunte dai contratti parasubordinati mostrano che le condizioni di lavoro precario, temporaneo e discontinuo si estendono anche nella direzione del lavoro apparentemente autonomo, aggravando la fragilità del mercato del lavoro italiano.

I nuovi contratti di assunzione a tempo indeterminato restano stabili intorno al milione e 200 mila l’anno, con un balzo soltanto nel 2015, dovuto alla forte riduzione dei contributi sociali introdotta insieme al contratto a tutele crescenti. Un aumento c’è nelle trasformazioni dei contratti a termine in tempo indeterminato (dopo 24 o 36 mesi di contratto), che passano dai 400 mila dei primi anni agli 870 mila del 2024, in lieve calo rispetto al 2023.

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