Il bello della diretta

Imagedi Sergio Motolese, Associazione Risonanze - dove nasce l’Armonia.

“Giustizia è fatta”. Non è Bush a parlare, lo dice Barack Obama, Nobel per la pace, e lo dice con il legittimo orgoglio di chi si è applicato a perseguire il risultato, avendo anche seguito in diretta televisiva i passi di tutta l’azione, assieme al suo staff, forse con pop corn e coca cola.

Tutto ciò fornirà di certo interessanti spunti per i nuovi reality televisivi ...

Dunque, Bin Laden è stato “giustiziato”.

Ora forse la telecamera potrà passare dalla testa delle “teste di cuoio” a quella dei carcerieri di Guantanamo, con i suoi 172 “ospiti”, ancora ben funzionante malgrado le promesse di cancellare questa vergogna (vedi i 759 documenti resi noti da Wikileaks su Guantanamo – The Guardian).

Non sono tra coloro che si sono illusi che un Presidente nero potesse cambiare il mondo; se ci provasse, peraltro, rischierebbe di finire come Kennedy, che per  molto meno, per aver tentato di togliere alla Federal Reserve il potere di emettere moneta e trasferirlo al Tesoro americano, dopo pochi mesi è stato assassinato.

Non è la buona fede o meno di Obama che mi interessa ma la constatazione della sua assoluta impotenza.

Ciò che vorrei invece mettere a fuoco è come attraverso l’uso delle parole si possa manipolare e capovolgere la realtà.

Tutte le dittature hanno sempre posto estrema attenzione alle parole, ben conoscendo il loro potere di trasformare menzogne in verità o di nascondere la verità stessa.

Adesso anche le “democrazie” si applicano con profitto a questo nobile esercizio, da noi un po’ più rozzamente, altrove più professionalmente, ma tutti con  molta efficacia.

Dunque, perché dire “giustizia è fatta” anziché “vendetta è compiuta”?

Eppure sono certo che i fautori della pena di morte converrebbero con me essere quest’ultima la frase appropriata alla circostanza.

Provo sempre un certo orrore per le modalità con cui la pena di morte viene applicata nei paesi “civili”: l’ipocrisia dell’iniezione, la tecnologia della sedia elettrica, la ferocia dell’impiccagione; è storia americana, ma anche europea, malgrado duemila anni di Cristianesimo.

Ma c’è di peggio; il pubblico dei parenti delle vittime, che applaude e sfoga la rabbia vendicativa assistendo allo spettacolo; costoro, nel caso in questione, parlerebbero coerentemente di “vendetta”.

Per respirare un’aria più salubre, rivolgiamoci a chi sapeva usare parole appropriate, ai filosofi, a Platone, Aristotele, Tommaso D’Aquino, che sul tema Bene e Male si sono applicati più di Obama e anche più di tutti noi.

GIUSTIZIA: è una virtù etica che potenzia la volontà dell’operare ed ha per oggetto il bene che è dovuto o che non è dovuto in rapporto ad altri secondo l’ordine della ragione.

VENDETTA: è un vizio che si genera dall’ira e consiste nel desiderio di arrecare un danno a colui da parte del quale si ritiene di aver subito un’ingiustizia, al di là dell’ordine della giustizia.

(Tommaso:  Il Male -  a cura di Fernando Fiorentino – ed. Bompiani, pagg.1399 e 1408).

Per Tommaso la vendetta deriva dall’ira, vizio “capitale” in quanto da esso ne derivano altri; oltre alla vendetta abbiamo, tra gli altri, l’insulto, la tracotanza, la rissa, proprio il menu che ci viene servito dalle cronache politiche di casa nostra.

Dunque la giustizia è una virtù e richiama l’ordine della ragione; la vendetta è un vizio, è al di là dell’ordine della giustizia, richiama istinto, il determinismo automatico, di natura animalesca.

Sostituire vendetta con giustizia, cosa può indurre in chi ascolta senza senso critico? Cosa recepiscono i ragazzi, gli adolescenti, i bambini?

La  miglior giustizia è la vendetta

o anche

vendetta e giustizia sono la stessa cosa.

Ora, sul piano puramente umano possiamo comprendere il genitore che crede di placare se stesso inveendo mentre vede l’assassino del figlio tossire e soffocare nella camera a gas; forse poi le sue notti saranno ancora più tremende, ma è un problema tutto suo su cui non abbiamo diritto di esprimere giudizi.

Ma il “potere” che mente sapendo di mentire è ben altra cosa perché il suo scopo è chiarissimo: promuovere la paura e comprimere le libertà individuali.

Come? Con le armi non convenzionali ormai da tempo in uso: informazioni false, informazioni omesse, menzogne, parole usate nel significato opposto affinché si infiltrino nelle coscienze e le modifichino.

Quando la guerra diventa “missione umanitaria” che altro ci possiamo aspettare?

Come reagire? Con le “armi” del retto pensiero e della retta parola.

Non possiamo impedire che le menzogne vengano propagate, ma possiamo approfittarne, ogni volta che ciò accade, per conoscere meglio noi stessi, perché anche al nostro interno ci sono pulsioni istintuali da trasformare.

Ogni piccolo passo che ciascuno compie in questa direzione disarma sia i terroristi che i giustizieri, e non è affatto poco, è l’unico modo che conosco per non diventare come loro, è l’unica via per far prevalere l’umano sul dis-umano.

Dai Greci antichi il pensiero umano è progredito, si è evoluto; Platone ci riporta il pensiero in una dimensione eterna, quasi ancora incontaminato dal mondo della materia; per lui  la giustizia sta al pari con sapienza (virtù del pensiero), coraggio (virtù del cuore) e temperanza (virtù della volontà).

Aristotele già coglie il divenire evolutivo nel tempo e cerca l’equilibrio fra spirito e materia; la giustizia diviene non più divina ma continua ricerca dell’equilibrio interiore nel divenire tra pulsioni polari; l’uomo tirato in direzioni opposte che cerca l’armonia tra di esse, la giustizia come “giusto mezzo”; ad es. il coraggio è l’equilibrio sempre nuovo, nelle varie situazioni, tra i due poli: temerarietà e codardia.

Tommaso fa un ulteriore passo avanti e considera più importante la finalità con cui una azione è compiuta.

Se ci chiediamo con quale fine è avvenuta l’uccisione di Bin Laden, la risposta la fornisce immediatamente la CIA, che annuncia “quasi certa la vendetta di Al-Qaeda”, la quale potrà così placare i suoi adepti e dichiarare “giustizia è fatta”, e lo spettacolo potrà continuare all’infinito, come in Palestina, in Israele, in Irlanda del Nord, Paesi Baschi ecc.

Negli ultimi due secoli il pensiero si è lentamente arrotolato in una visione materialistica senz’anima; ma, come la malattia ha lo scopo di stimolare le forze di guarigione, anche questa malattia sociale, la dis-umanità, può essere usata per tirar fuori da noi stessi la tenacia, la forza e il coraggio necessari ad un risanamento delle coscienze.

Non viene voglia di portare il telecomando in discarica, rinunciando volentieri al bello delle dirette, e leggere, o rileggere, chi allo spirito creativo del pensare umano ha dedicato l’intera vita?

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