Persone non numeri

A cura della Rete Welcoming Asti.
Lunedì 3 ottobre, in Piazza Statuto ad Asti, oltre 40 persone si sono alternate nella lettura di una parte delle migliaia di nomi (maggio 2021-maggio 2022) della Lista delle persone migranti morte cercando una speranza, nel tentativo di raggiungere e trovare un rifugio sicuro in Europa (“List of deaths of refugees and migrants due to the restrictive policies of  Fortress Europe”, realizzata dalla Rete Europea UNITED for Intercultural Action)...

Quest'anno la lettura è stata accompagnata dal ricamo collettivo del lenzuolo della memoria.
L’iniziativa si è aperta nel ricordo di Loujin, la bambina siriana di 4 anni, morta di sete tra le braccia della madre su un barcone a settembre, e si è conclusa con la lettura della poesia “Non ti allarmare fratello mio” di Tesfalidet Tesfom e della testimonianza inviata per l’occasione da Alessandro Porro, soccorritore e presidente di SOS Mediterranee Italia, di cui vogliamo condividere il testo:

Mi chiamo Alessandro e sono un astigiano partito per il mondo tanto tempo fa.
Di mestiere faccio il soccorritore e sono imbarcato sulle navi umanitarie, le famigerate ONG, da più di cinque anni.
Ogni anno, quando si avvicina la ricorrenza del naufragio di Lampedusa, vedo accendersi i fuochi delle coscienze, e gruppi di volenterosi riunirsi per onorare la memoria dei morti di quel giorno.
Voi siete fra questi, e temo di raccontarvi qualcosa che non vi piacerà.

I morti di Lampedusa sono la punta di un iceberg, l'estremità visibile di una storia troppo grande per essere ben compresa. Hanno avuto la tremenda ventura di morire in tanti nello stesso momento, e di essere per questo evidenti.
Troppi, per fare finta di niente.
L'Italia ai tempi si è mobilitata e ha lanciato un progetto per salvare persone in mare, ma è durato poco, meno di un anno. Il progetto, che si chiamava Mare Nostrum, ha funzionato così bene che la democratica Europa ha chiesto di interromperlo.
La priorità dopo non è stata salvare vite, ma fermare trafficanti e proteggere i confini.

Per reazione sono spuntati come funghi progetti di cittadini e associazioni, che hanno messo in mare flotte di navi per colmare un vuoto. Solo SOS Mediterranee, della quale con il tempo sono diventato presidente, ha salvato 36 mila persone, una città come Aosta di persone che ora potrebbero essere sul fondo del mare.
In questi anni, spesi a fare quello che dovrebbero fare gli Stati, abbiamo commesso una serie di errori. Nessuno ci contesta di aver salvato vite, ma abbiamo fatto troppo rumore. Avremmo dovuto stare zitti e tenere le telecamere spente. Avremmo dovuto non avere giornalisti a bordo. Avremmo dovuto non pubblicare libri, fumetti e ricerche. Avremmo dovuto farci i fatti nostri, e non gridare ad alta voce quello che avevamo davanti agli occhi. Avremmo dovuto lasciare il Mediterraneo senza testimoni e non informare i cittadini europei. Che illusi, a pensare che la democrazia avesse bisogno di verità e non di opinioni.
Questi errori di gioventù li abbiamo pagati cari, e continuiamo a subirne le conseguenze. Le nostre navi sono state bloccate più volte, sono stati chiusi i porti, siamo stati dirottati in Spagna, siamo rimasti in mare con centinaia di persone – sistematicamente - per diverse settimane. Interi partiti hanno basato le loro campagne elettorali su di noi, ribaltando con creatività la realtà che ci stava sotto gli occhi. Da angeli siamo diventati demoni.

Ma quel che è peggio è che le condizioni di chi è in mare non sono migliorate. Anzi.
Nell'imperativo di ridurre gli arrivi in Italia diversi governi hanno armato, addestrato e finanziato gruppi militari di paesi terzi, fino all'invenzione clamorosa di quella che viene chiamata Guardia costiera libica. Questi signori io li vedo negli occhi quando respingono le persone in fuga. Questi soldati, che navigano su velocissime barche italiane, non perdono occasione di minacciarci, con l'esibizione di armi e con le loro parole, e lo fanno in zone di mare sulle quali non avrebbero autorità. Ma tanto, non ci sono testimoni.
Siamo arrivati al punto che il diritto del mare esiste solo sulla carta e verso le coste europee. Scendendo a sud si dissolve, viene ignorato e reinventato. Non è un mistero che alcuni Paesi europei, Italia compresa, stiano  spingendo per cambiare le regole del mare, per distinguere fra “normali” naufragi e viaggi dei migranti in fuga. Come dire che se sei in pericolo o stai per morire, conta l'intenzione.

Dall'inizio del 2022 sono già 1325 i morti in mare, che tradotto vuol dire più di quattro persone al giorno. Il mare è pericoloso, ma lo è anche la politica che fa le scelte sbagliate. Nelle scorse settimane ci sono stati altri  naufragi, come gli 86 morti partiti dal Libano, o il ritrovamento in Sicilia di donne e bambini morti di sete dopo troppi giorni in mare.
Lampedusa, nel Mediterraneo, è ovunque e ogni giorno. Ma noi, e voi, altrettanto testardi, ogni giorno saremo in mare per fare quello che è giusto, e a insistere che l'Europa debba farsi un esame di coscienza. Ci vorrà ancora qualche anno e qualche altra tragedia. Ci vorrà vergogna e tempo. Ci vorrà forse un'intera generazione di persone costrette alla fuga. Ci vorranno famiglie distrutte. Ci vorrà qualcuno disposto a spiegarci il perché di anni di guerra aperta, ma mai dichiarata, contro persone fragili e vulnerabili. Ci vorrà tutto questo, ma stiamo scrivendo una pagina della storia, e sappiamo di poterla cambiare.

Alessandro Porro, Soccorritore e presidente di SOS Mediterranee Italia

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