Papa Francesco e il generale argentino, astigiani di origine

di Emanuele Bruzzone.

Ovvero dell’acqua santa e il diavolo.
Come fossero fotogrammi di un film, mi affiorano alla mente vicende argentine vissute da Papa Francesco presente il 20 novembre scorso nella Cattedrale di Asti. Durante il commento televisivo alla messa del Pontefice trasmessa in diretta TV, ad un certo punto don Maurizio Giaretti, astigiano di origine, presidente della FACI, rievoca la concelebrazione dell’Eucarestia, nel 1993, da parte di Giovanni Paolo II proprio in questo Duomo della nostra città. Cosa che avvenne in occasione della sua visita a Isola d’Asti, terra della famiglia Sodano del suo Segretario di Stato Angelo. Proseguendo, il suddetto prete commentatore tesse un elogio delle virtù diplomatiche del Cardinale Angelo Sodano anche come Nunzio apostolico in America del Sud. Senza specificare che, in tale veste, Sodano operò in Cile per 11 anni dal 1977 al 1988: anni nei quali magnificò quello Stato dove spadroneggiava, dopo il golpe del 1973 contro il legittimo Presidente Salvador Allende, il dittatore generale Augusto Pinochet...

Quando nel 1987 venne in Cile papa Giovanni Paolo II, Sodano ne organizzò la visita e soprattutto l’amichevole incontro tra Woytila e Pinochet, che salutarono la folla plaudente dal balcone del Palazzo della Moneda, quello dove viveva e morì, difendendosi - mitraglietta alla mano - Allende. L’immagine, in foto e filmati TV, fece il giro del globo diventando per tutti i democratici del mondo tristemente famosa.  
 
A 1500 Km di distanza in Argentina governava dal 1976, sempre dopo un colpo di Stato, un’altra ancor più sanguinosa dittatura: quella della Giunta militare, sempre come da tradizione, di altri tre generali con a capo Jorge Videla.
Lì era nunzio vaticano l’italiano Pio Laghi che strenuamente incoraggiò la “guerra sporca” della Giunta che, con il carcere, la tortura e il sequestro fece sparire circa trentamila oppositori: il pio monsignor Laghi li chiamava tutti comunisti distruttori e senza Dio. Invece erano, insieme ai militanti di sinistra, di tutta un’altra provenienza: dalle suore in lotta per i diritti umani agli avvocati democratici di Amnesty International agli intellettuali. Ad un certo punto, gli uccisi erano talmente tanti che, per occultarli, i generali ne fecero scagliare i cadaveri nell’oceano buttati giù dagli aerei Hercules che volavano giorno e notte. Comunque tutti desaparecidos: figli, nipoti e coniugi le cui singole foto sui cartelli innalzava ogni giorno un gruppo ancora ridotto di donne nelle manifestazioni sulla Plaza de Mayo. Organizzate ancora in piena dittatura, davanti ai manganelli e gli scudi della polizia ubiquitaria, da Hebe de Bonafini in un giorno del 1982 molto simbolico: il 10 dicembre, anniversario della Dichiarazione ONU dei diritti delle persone del 1948.

Questa donna indomabile, una volta finita la Giunta nel 1983, continuò per decenni con spose e madri ormai a migliaia, a chiedere ai vari governi verità sulla fine di tutte quelle vittime. Per poter seppellire i cadaveri di quelle non divorate dagli squali.
L’argentina Hebe è mancata a 94 anni in autunno: proprio in quel 20 novembre, quando Jorge Bergoglio venne a ritrovare le sue radici ad Asti. Identità di destini personali differenti, ma convergenti. C’è da rifletterci su.
Il Papa in Cattedrale, quando il vescovo di Asti lo ringraziò della visita affermando: “Da oggi, dopo che sei venuto, come dicesti, ’dalla fine del mondo’, ci piacerebbe che Asti e l’Astigiano, terra delle tue radici, possano essere ‘l’inizio del mondo’”.

Bergoglio, ascoltando sornione, ovviamente sorride, ma il suo sorriso nasconde amarezza. Forse si ricorda che da famiglia astigiana di Nizza Monferrato emigrata anch’essa in Argentina, era discendente e proveniva il generale Antonio Domingo Busso (1926 – 2011), zelante braccio destro della Giunta di Videla che, in qualità di governatore militare della regione di Tucuman, si distinse come torturatore efferato e uccisore di donne e uomini inermi, di certo non oppositori armati né fiancheggiatori della guerriglia anti golpisti.

Che strana questa coincidenza: due argentini entrambi discendenti da famiglia immigrata di origine astigiana. Ma sideralmente opposti.
Il sorridente, anche nelle situazioni più disperate, uomo della pace e il bieco, che si crede impunibile, uomo della violenza.
Amen.

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