Il centesimo passo della famiglia Impastato

Imagedi Giovanni Impastato. Saluto inviato ai partecipanti dell’incontro “Cento Passi e Cento Impronte per la giustizia e l'impegno”, tenutosi ad Asti Sabato 9 Ottobre.

Cari voi tutti, mi dispiace di non poter essere lì presente alle vostre iniziative. Purtroppo gli impegni mi hanno condotto altrove. Sono comunque molto soddisfatto del programma inviatomi, ritengo che sia davvero carico di contenuti interessanti. Contenuti che vanno affrontati con la giusta chiarezza e praticità, respingendo ogni ipocrisia e falsa adesione o adesione di facciata. Purtroppo, al giorno d’oggi è l’uso strumentale delle parole e dei concetti che la fa da maggiore, confondendoci le idee, nascondendo le turpi verità ...

E così sentiamo continuamente parlare di giustizia, di legalità, di diritti proprio da parte dei più pericolosi detrattori della nostra democrazia o da parte di coloro che, appartenendo ad associazioni del terzo settore o ai sindacati, non si sa quanto consapevolmente o meno, dicono di lottare contro l’oppressione, la violenza criminale, in difesa dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori, ecc, ma allo stesso tempo non mostrano alcuna forma di opposizione concreta verso questo sistema politico che colpisce i soggetti più deboli e cancella ogni loro forma di dignità e di libertà e, allo stesso tempo, devasta il territorio del nostro paese. Con il loro operato, anzi, non fanno altro che sostenerlo garantendo anche una forma di copertura e, perché, no, anche una forma di indulgenza.

Sarebbe proprio il caso di aprire una pregnante riflessione su quelle che devono essere le forme del nostro impegno, un impegno che non deve essere settario, ma anzi, dalle molteplici implicazioni. Chi si occupa di lotta contro la mafia, ad esempio, non può limitarsi a considerare l’operato dei boss stile Provenzano e, quindi, gioire degli arresti dei latitanti dei quali tanto si vanta il nostro governo, ma deve anche considerare i rapporti che la criminalità continua ad intrattenere con politici ed imprenditori, alcuni dei quali fanno parte dello stesso governo. Allo stesso tempo non è possibile diffondere la cultura della legalità se non si considera che oggi rispettare alcune leggi-vergogna vuol dire macchiarsi di crimini contro i diritti democratici e costituzionali e contro l’umanità, l’umanità di quanti, uomini, donne e bambini immigrati  vengono sottoposti ai respingimenti forzati e gettati nelle fauci della violenza dei paesi di origine o delle carceri libiche.

Chi si occupa di lotta alla mafia non può nemmeno esimersi dal considerare come le leggi dell’attuale ministro dell’istruzione stanno distruggendo l’ultimo baluardo formativo del nostro paese,la scuola pubblica, l’unica istituzione che realmente perpetrava l’educazione al rispetto degli altri e alla propria responsabilità civile.

Chi si occupa di lotta alla mafia non può evitare di concepire come il nostro territorio e l’ambiente siano continuamente depredati da lobby economiche che non hanno per nulla a cuore il benessere dei cittadini ma semplicemente sono interessati all’accumulo del denaro, lobby formate da imprenditori, imprese a partecipazione mafiosa e politici compiacenti, anche quelli che al Nord in camicia verde sbandierano la loro falsa pulizia. A proposito, chi si occupa di lotta alla mafia non può nascondere le malefatte di un partito come la Lega che oggi occupa importanti seggi istituzionali (ad esempio il Ministero dell’interno) e che esprime quanto di basso e disumanizzato ci sia nella politica italiana. Sono loro a portare la bandiera di quanti ci stanno accompagnando verso il peggiore declino culturale e sociale che la nostra Italia abbia mai conosciuto, bandiera che di sicuro non è quella italiana ma porta quel simbolo che oggi sporca anche un edificio scolastico pubblico, come di certo saprete.

Vi chiederete perché, a questo punto. Perché lottare contro la mafia vuol dire occuparsi di tutti questi aspetti. Una risposta l’ha già data Peppino, nei fatti, perché nelle sue battaglie ha sempre inserito di tutto, dai diritti dei lavoratori all’acqua pubblica, dalle collusioni politico-mafiose ai disastri ambientali, dal rifiuto della segregazione razziali alla lotta contro il neofascismo; ed il suo non era di certo un approccio casuale, ma derivava dalla consapevolezza di come tutto fosse fortemente interconnesso. Ed è questa consapevolezza che dobbiamo conservare e capire come tutti gli aspetti sopra elencati facciano parte di unico piano di assalto alla nostra democrazia che ci sta trascinando in una triste realtà dove non esisterà alcuna forma di stato sociale o di cultura e saremo tutti inermi di fronte alle razzie di quanti sono disposti a tutto per il proprio tornaconto, come massima forma di espressione del nesso tra cultura liberista e cultura mafiosa.  

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