I cambiamenti climatici ci seppeliranno. A partire dalla provincia di Cuneo.


di Maurizio Bongioanni.

"I cambiamenti climatici ci seppelliranno tutti". Lo ha detto Ugo Sturlese, attivista del paesaggio di Cuneo - che talvolta contribuisce a questo sito con i suoi articoli - riferendosi alle recenti dichiarazioni dell'assessore regionale all'urbanistica, nonché ex-sindaco di Cuneo, Alberto Valmaggia. Mi sento di condividere la sua espressione ripensando alle dichiarazioni fatte dalla Confindustria provinciale e da esponenti del mondo politico albese ...
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Ma partiamo da Valmaggia, il quale ha dichiarato che "oggi il compito della Regione Piemonte non è quello di fare una legge regionale sul contenimento del consumo del suolo (alla faccia di quanto aveva dichiarato ad Asti nel giugno 2015 l'Ass. all'agricoltura Ferrero, nda), ma è quello che è stato indicato nella mozione votata all'unanimità nel novembre 2015, nella quale si sostiene la necessità di un'articolata integrazione della disciplina del contenimento del consumo di suolo con la disciplina delle vigenti norme urbanistiche e si richiede di fare salve tutte le aree edificabili previste dai vigenti PRG". Ecco, fare salve tutte le aree edificabili previste dai vigenti piani regolatori significa rimandare la lotta al consumo di suolo più avanti, non qui e ora. Sì perché le previsioni di espansione sono già sovradimensionate e se aspettiamo di completarle tutte, addio contenimento sul consumo di suolo. Non è sufficiente dire che in futuro non si prevederanno nuove espansioni: ora è necessario invertire la rotta prima che sia troppo tardi!

Eppure a Valmaggia si aggiunge il coro - diciamo più la nenia, dato che ripetono sempre le stesse cose - di Confindustria Cuneo. Dice Franco Biraghi, presidente dell'associazione degli industriali: “Riteniamo non si debba portare avanti con tal urgenza, a livello regionale, un provvedimento che la Ue chiede di aver pronto nel 2050, anche perché c’è un Disegno di legge in discussione a livello nazionale. Una proposta del genere, così come concepita, stravolge completamente i Prg vigenti, con costi insostenibili per i Comuni". Confindustria teme per lo stravolgimento dell'economia locale: già, senza più cemento dove vogliamo andare? Potremmo puntare sull'eno-gastronomia, sul territorio agricolo, sul turismo, sulla mobilità dolce ma no, la ricetta è 'più cemento per tutti'?

Qualche settimana fa, il consigliere comunale all'opposizione nel Comune di Alba Carlo Bo (Forza Italia), intervistato dalla Gazzetta d'Alba, ha dichiarato che in assenza di interventi dall'alto, dobbiamo noi albesi rimboccarci le maniche e usare le finanze a nostra disposizione per costruirci le strade che ci mancano. Già, il traffico è un'altra piaga e quali sono le proposte per risolverlo? Più strade, ovvero più cemento. Perché infatti stare a preoccuparsi per gli indici elevati di smog? L'automobile ce l'hanno tutti e la mobilità è un diritto: per cui costruiamo nuove strade. Logico. Non un accenno al potenziamento del trasporto urbano (che costerebbe meno di nuove strade) o l'incentivazione della mobilità dolce, di piste ciclabili (anzi, proprio queste sono state terreno minato per l'attuale giunta albese): no la vecchia guardia albese punta su nuove strade.

E beh, cosa aggiungere? Per me queste dichiarazioni parlano da sole. Sono l'emblema della negazione dei veri problemi ambientali. Il mondo sta andando dritto dritto, senza più possibilità di appiglio, verso il punto di non ritorno del riscaldamento globale. I ghiacciai si stanno ritirando e le barriere coralline sparendo, le foreste disboscate e i fiumi asciugandosi. Come li vedo io, immagino che siano sotto gli occhi dei cementificatori. Eppure è più forte di loro: dobbiamo continuare per l'unica strada conosciuta, troppa paura dei mutamenti, di cambiamenti. Meglio aspettare quando sarà troppo tardi per cambiare le cose. Più facile così. E prendersela con qualcun altro?

Questo 'prendersela con qualcun altro' mi fa venire in mente un'analogia - un po' azzardata, me ne rendo conto: non sono forse le persone che negano i cambiamenti climatici le stesse che non vedono di buon occhio l'ingresso di immigrati "a casa loro"? Provate un po' a pensarci. Secondo me chi ha a cuore il proprio territorio e paesaggio, sa benissimo cosa significa rinunciarci. Per questo non impedirà mai a nessuno di poter affacciarsi sul proprio giardino, condividendo un pezzetto di terra - o anche solo un pezzetto del frutto di quella terra - con chi non ne ha. Chi invece disprezza il paesaggio, perché lo vede solo come risorsa per fare cassa, non vuole disturbatori o concorrenti ("ci rubano il lavoro", "prima gli italiani") tra i piedi.

Verificata questa ipotesi, al negazionista climatico possiamo tranquillamente aggiungere l'intollerante ambientale. Il cui strumento di aggressione è, manco a dirlo, il cemento. Il cemento di massa, quello speculativo, "a betoniere plurime". Perché, intendiamoci, il cemento per ristrutturare e recuperare l'esistente non è affatto un "nemico" dell'ambiente e del nostro futuro...

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