Preoccupiamoci per l'acqua potabile astigiana



di Alessandro Mortarino.

L'Autorità d'Ambito Idrico Astigiano Monferrato ha convocato una riunione con tutti i "portatori di interesse sociale" per fare il punto della situazione sullo stato di salute delle risorse del nostro territorio. Non si è trattato di un normale incontro da "bilancio di fine anno" ma di un vero summit teso a ragionare il futuro necessario per la nostra acqua potabile, risorsa umana fondamentale, alla luce di alcune criticità ormai riscontrate da tempo e di alcuni studi approfonditi: per garantire l'uso sostenibile dei prelievi per le future generazioni è infatti oggi indispensabile individuare una fonte di approvvigionamento alternativa a quella di Valle Maggiore di Cantarana e Ferrere ...

Non è una novità che nel corso degli anni il livello di questa falda abbia subito un abbassamento preoccupante; dagli anni '60 e fino all'agosto 2012 il volume di acqua prelevato non ha avuto soluzione di continuità ed è risultato di molto superiore alla capacità di reintegro dell'acquifero: la falda si è ridotta di oltre 40 metri.
Nel 2012 è stata completata l'interconnessione con gli impianti dell'Acquedotto del Monferrato (che ha potenzialità maggiori di quanto attualmente viene attinto dalla rete di Asti e Valtiglione), il che ha consentito una risalita del livello di falda di circa 8 metri scarsi, raggiungendo all'incirca il livello del 2010: un buon risultato, certamente, ma per nulla risolutivo.
E dato che i consumi di acqua potabile restano elevati, per comprensibili ragioni le nostre Istituzioni ritengono ora indispensabile dare il via ad una azione che individui una ulteriore risorsa idrica per evitare crisi ed emergenze prevedibili e ormai certe.

La soluzione ottimale è stata identificata nella realizzazione di un nuovo campo pozzi, da cui prelevare i volumi di acqua necessari per il fabbisogno dei cittadini, così da permettere alla falda idrica di Valle Maggiore di stabilizzarsi su livelli idonei per un continuo futuro utilizzo e, allo stesso tempo, rappresentare una valvola di sicurezza anche per lo stesso Acquedotto del Monferrato, in caso di sempre possibili sue criticità.

Scartata l'ipotesi di un rafforzamento dell'attuale rete che collega l'acquedotto di Asti con il Monferrato (considerato troppo costosa in termini energetici per il pompaggio e eccessivamente problematica sotto il profilo altimetrico, con numerose colline da oltrepassare) restano due le soluzioni individuate per i nuovi pozzi: a Dusino San Michele e a Villafranca; secondo i primi studi dell'Università di Torino in queste due aree dovrebbero sussistere le condizioni per reperire nuove disponibilità di acqua in grado di garantire buona qualità e ampia disponibilità. In particolare nel territorio di Villafranca (al di là della rete autostradale, in zona pianeggiante alle spalle della collina e a ridosso dei torrenti Stanavasso e Triversa); le prime rilevazioni segnalano un livello qualitativo migliore e una perfetta adattabilità infrastrutturale, che farebbero pendere la scelta verso questa soluzione. In entrambi i casi, l'acqua risulterebbe con un eccesso di manganese (caratteristica dell'intera zona) e dunque dovrebbe, come già avviene a Cantarana, essere opportunamente trattata preventivamente per renderla idonea alla somministrazione umana.

Gli attuali pozzi di Cantarana e Ferrere forniscono l'acqua ai cittadini di Asti, attraverso l'Asp, e al sud della provincia attraverso l'Acquedotto Valtiglione; sono dunque particolarmente strategici ed essenziali per le esigenze dell'astigiano.
Per questo, occorre intervenire per far sì che le falde recuperino livelli di sicurezza e il nostro bacino possa disporre di una ulteriore disponibilità. Il progetto dei nuovi pozzi costerà circa 20 milioni di euro, all'incirca lo stesso valore del recente lavoro di interconnessione con l'acquedotto del Monferrato. Se i lavori introspettivi verranno avviati già nel corso del 2016, la nuova risorsa idrica potrebbe essere disponibile entro dieci anni, anno più anno meno ...

In sintesi, questa è la notizia.
Difficile non essere d'accordo con il presidente dell'Ato 5, Vincenzo Gerbi, quando presenta il progetto dei nuovi pozzi come una necessità per garantire le future generazioni: abbiamo tutti precise responsabilità - amministratori e cittadini - e non possiamo certamente non preoccuparcene.
Dato per scontato, dunque, il nostro assenso ad un intervento difficilmente rimandabile, qualche considerazione crediamo meriti di essere espressa.

In primo luogo la situazione oggi presentata differisce sensibilmente da quella "narrata" nell'ultimo decennio. L'interconnessione creata a Portacomaro nel 2012 tra l'Acquedotto del Monferrato e la rete Asp/Valtiglione era stata individuata come soluzione ottimale per "stressare" meno le falde di Valle Maggiore e consentire la loro risalita. Alla luce odierna, invece, sappiamo che così non è e, dunque, ci pare che fino ad oggi non si sia dato sufficiente risalto ad una situazione di emergenza (a venire); forse si dovrebbero attivare campagne di sensibilizzazione (e relativi controlli) per ridurre l'uso e lo spreco della risorsa acqua.
D'estate sappiamo bene - ad occhio nudo - quanti giardini, prati e orti vengano innaffiati con acqua potabile (depurata !) e quanto timidi siano gli appelli dei gestori alla parsimonia. A tutti i cittadini bisognerebbe invece dire con rapsodica, martellante, roboante forza: "attenzione: l'acqua scarseggia, occorre usarla con criterio e per i soli usi primari !". In particolare ai cittadini serviti da Asp, Della Piana e Valtiglione, acquedotti con scarne risorse (il Monferrato ha un problema opposto: ampie risorse dalle sorgenti di Saluggia e poche utenze di consumo da "anno intero", cioè molte seconde case ...).

Forse si dovrebbe chiedere a tutti i Comuni di prevedere nei loro regolamenti edilizi l'obbligo rigoroso di dotazione di sistemi di riciclaggio delle acqua reflue (l'acqua dei rubinetti di bagno e cucina possono essere convogliati nello sciacquone del wc senza che ciò arrechi disagi o fastidi sanitari ...), l'indispensabile raccolta delle acque piovane, la presenza di cisterne per contenere tutta l'acqua possibile, la manutenzione di pozzi esistenti.
Utilizzare, insomma, la comunicazione e i regolamenti per provocare un risparmio: per quanto minimo possa essere, lo si dovrebbe richiedere a gran voce a tutti i cittadini, convinti oggi di essere "ricchi di acqua" e invece, al contrario, tremendamente "poveri".
E la stessa comunicazione "forte" andrebbe rivolta anche a tutti gli amministratori pubblici, palesemente assenti nell'incontro di Villafranca (forse perchè già convocati in precedenza ?).
Risparmio nei consumi e qualche ulteriore intervento nelle perdite della rete (oggi attorno al 30 %, dato migliore della media nazionale, ma pur sempre ottimizzabile) male non farebbero alle attuali falde.
Mentre continuare a non evidenziare il problema quasi emergenziale, rischia di mantenere inalterato uno status, appunto, da falsi ricchi: fra 10 anni, con nuove disponibilità, finiremo per vedere aumentare anche i consumi inutili ? A chi giova ? ...

Un secondo punto nevralgico è quello finanziario: quale soggetto d'impresa avrà il compito di accollarsi onori e oneri dell'investimento di circa 20 milioni di euro per i nuovi pozzi ?
E qui il discorso si fa prettamente politico. Il soggetto non potrà (a nostro avviso) non essere che un nuovo soggetto, cioè nessuno dei quattro attuali gestori acquedottistici astigiani ma, con ogni probabilità, una nuova realtà che tutti li comprenda.
Insomma, il famigerato "Gestore Unico" che il governo Renzi ci chiede di identificare e che nel nostro caso potrebbe/dovrebbe essere il Consorzio S.I.A.M. (Servizi Idrici Astigiano Monferrato), costituito nel 2008 ma ancora poco attivo, che ha come azionisti paritari al 25 % proprio i nostri 4 gestori astigiani. Che sono però molto diversi tra loro: l'Acquedotto della Piana e l'Acquedotto Valtiglione sono interamente pubblici in forma di Società per Azioni, l'Acquedotto del Monferrato è uno dei pochi Consorzi fra Comuni ancora esistente in Italia (dunque "genuinamente" pubblico) e l'Asp è una SpA partecipata al 45 % da soci privati e al 55 % dal Comune di Asti.
E' proprio Asp, con la sua componente azionaria privata, a costituire il problema.
Perchè la delicatezza del futuro delle nostre acque potabili e il responso popolare dei referendum del 2011 impongono la necessità di un gestore assolutamente pubblico.

Per noi significa una sola possibilità: che Asp SpA separi il ramo idrico dal resto delle attività aziendali e che i suoi soci privati cedano le loro quote al Pubblico, cioè agli altri tre gestori.
Non sarà un passaggio semplice. Ma attendiamo dai Sindaci una seria riflessione su questo aspetto affatto secondario, che deve procedere di pari passo con la progettazione del nuovo campo pozzi.
A chi starà pensando che i soci privati hanno consentito nel tempo all'Asp di fare investimenti altrimenti non possibili, ricordo che per il ramo idrico ciò non è avvenuto, tanto che l'attuale interconnessione è stata effettuata con gli strumenti finanziari e tecnici di tutti i gestori e che, addirittura, si è avvalsa della fornitura idrica proveniente dall'Acquedotto del Monferrato fatturata al prezzo industriale, cioè il valore puro dei costi senza alcun ricarico (un'altra società privata o pubblico-privata difficilmente avrebbe perduto l'occasione per un cospicuo "ricarico" e sicuri facili profitti ...).

E' in gioco, "semplicemente", il futuro dell'acqua nella nostra provincia.

E dato che ci stiamo preoccupando per le prossime generazioni, è bene farlo senza chiudere un occhio !

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