Se tu dai una cosa a me ...

Imagedi Julie Ristau, da “On the Commons” del 3 marzo 2011 (Traduzione italiana di Marco Giustini).

In una recente riunione di un gruppo di Boston sulla sicurezza comune (uno dei tanti gruppi presenti negli Stati Uniti dove le persone si riuniscono per discutere i modi per aiutarsi a vicenda ed andare d’accordo in questi periodi di congiuntura incerta), qualcuno ha sollevato l’idea di organizzare uno scambio di utensili. I vicini di casa potrebbero fare l’inventario di ciò che possiedono: uno spazzaneve, una carriola, una scaletta estensibile, trapani, pale, rastrelli e altri attrezzi cosi da poterli poi condividere ...

Un uomo del gruppo, che era cresciuto nelle Isole Vergini, ha detto che se avesse saputo che un vicino di casa era proprietario di una scala, avrebbe naturalmente pensato di poterla usare. Nessuno avrebbe pensato di comprare qualcosa di nuovo, sapendo che qualcun’altro già la possedeva.

Questo è un esempio di “commoning”, che significa mettere in pratica l’idea di beni comuni nella vostra vita personale.

In termini economici, la gente delle Isole Vergini è più povera di quella di Boston, ma attraverso le loro tradizioni di condivisione godono di un senso di abbondanza, perduto nelle comunità americane più alla moda.

Ancora oggi, sempre più persone in tutto il Nord America e in Europa stanno iniziando a guardarsi intorno e dire ai loro vicini “bene, nessuno sta usando quel pezzo di terra abbandonato, potremmo piantarci un orto comunitario” oppure “Penso che possiamo risolvere questo problema di quartiere, se un gruppo di persone si riuniscono ed agiscono”.

Questo riflette un cambiamento più ampio di pensiero, dalla prevalente etica YOYO (“you’re on your own”, sei da solo) a quella WITT (“we’re in this together”, siamo insieme). Al centro di questa tendenza ci sono persone che si uniscono per diventare “co-creatori” del mondo che vogliono vedere. Esse non sono in attesa di qualcun altro per intraprendere le iniziative che sono necessarie.

Il commoning rappresenta una “terza via” – non chiusa nella meccanica del mercato, guidata dal profitto, e non esclusivamente dipendente da enti pubblici – che permette alla gente comune di prendere attivamente decisioni e di intraprendere azioni che danno forma al futuro delle loro comunità. La maggior parte delle persone che lo fanno, probabilmente non lo chiamano “commoning”, ma semplicemente pensano che questo modo di agire sia il “senso comune” o il “bene comune”.

Il commoning è costruito su una rete di relazioni sociali che nascono dalla speranza implicita che ci prenderemo cura l’uno dell’altro e su una visione condivisa che alcune cose appartengono a tutti noi e devono essere utilizzate in modo sostenibile ed equo, che è l’essenza della stessa del concetto di “commons”.

Il commoning è sempre stato con noi. Il termine “commoning” è stato reso popolare dallo storico Peter Linebaugh, il cui libro “The Magna Charta Manifesto” mostra che l’atto costitutivo della democrazia anglo-americana ripetutamente afferma il diritto delle persone ad utilizzare i beni comuni per i loro bisogni di base. La maggioranza della gente dell’Inghilterra ha derivato almeno una parte del proprio sostentamento dai commons prima dell’inizio brutale delle recinzioni delle terre da parte dei ricchi proprietari terrieri. Queste persone erano conosciute come “gente comune” e la parola “commoning” descrive le persone che vivono in stretta connessione con i beni comuni.

Io uso la parola commoning perché voglio un verbo per i beni comuni”, spiega Linebaugh. “Voglio dipingerla come un’attività, non solo un’idea o una risorsa materiale. Solo cosi si arriva a comprendere che l’elemento sociale è essenziale per i commons. Il commoning è sempre stato con noi”, aggiunge, “anche se ci sembra di notare la sua presenza, solo quando i beni comuni ci vengono portati via”.

La perdita dei commons priva le persone della loro autonomia di soddisfare le esigenze di base per il sostentamento, la sicurezza economica e delle relazioni sociali. Così, il commoning consiste nel prendere la vita nelle proprie mani piuttosto che dipendere da corporations e da altre forze esterne che vi vendono ciò di cui avete bisogno.

E‘ un modo per resistere al paradigma dominante della vita moderna, che insiste sul fatto che ciò che è comprato e venduto in un’economia di mercato da un fondamentale significato alla nostra vita. E ‘un modo di attingere ad un luogo nascosto all’interno della nostra immaginazione, che ospita immagini vivide di modi diversi di vivere.

Gran parte del commoning dipende dalla memoria”, dice Linebaugh. “Stiamo facendo resuscitare alcune tradizioni e pratiche culturali dimenticate”.

Ma subito nota: “Noi non stiamo solo scoprendo i beni comuni, li stiamo anche inventando. Stiamo imparando ad interagire e ad assumerci la responsabilità collettiva in modi che sono vecchi ma anche nuovi … scoprendo modi più elementare di interazione e di organizzazione della vita sociale ed economica”.

 

Questo testo è tratto dal libro “All That We Share: A Field Guide to the Commons” [link: http://www.onthecommons.org/all-that-we-share]. (The New Press), un’introduzione alle idee ed alle pratiche dei commons.

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