Cosa influenza l'aumento dei prezzi degli alimentari

ImageA cura di Casa Wiwa, Collegno (Torino) su dati del Consorzio Altromercato.

Cambiamenti climatici, tensioni internazionali, movimenti macro e microeconomici non previsti e non dominati, e anche la speculazione finanziaria diventano gli ingredienti del nostro pranzo e incidono sui prezzi dei prodotti alimentari.

Vi proponiamo una semplice e sufficientemente sintetica indicazione su quanto stia accadendo ai produttori del circuito equosolidale ...

Cambiamenti climatici. Frutta secca e caffè

Recenti studi hanno registrato un aumento della temperatura e dell’umidità nel pianeta tali da pregiudicare la corretta coltivazione di alcune specie vegetali e i precedenti livelli di produzione.

I nostri produttori di frutta secca (cajou, noci amazzonia, uvetta, mango essiccato, datteri ecc) e di caffè stanno incontrando forti difficoltà legate all’alternarsi inconsueto di siccità, fortissime precipitazioni, cicloni e fioriture fuori stagione. In particolare in Centro America, area vocata alla produzione del caffè arabica biologico di qualità e dove sono presenti molti nostri produttori, negli ultimi due anni la produzione è crollata del 25% a causa di cambiamenti climatici mai verificatisi in precedenza.

La situazione è grave: i contadini devono studiare metodi per resistere alle intemperie, per compensare le minori rese produttive (scarse quantità) e le conseguenti perdite economiche generate dal cambio climatico.

Altromercato, coerentemente con la propria missione, appoggia i produttori riconoscendo loro prezzi che rendano possibile la continuità economica dei progetti. Li affianca inoltre con politiche di sostegno e sensibilizzazione come ad esempio la campagna Nuove radici per Uciri che prevede il rinnovo dei cafetales con nuove piante più resistenti.

Crisi alimentare e cambiamenti nelle tipologie e produzioni agricole

Dopo la crisi alimentare del 2008 alcune varietà locali di materie prime alimentari di base sono quasi introvabili (ad esempio alcuni mais o caffè): si produce solo quello che si vende bene. E’ infatti molto più semplice e redditizio nel breve periodo piantare varietà alimentari resistenti, OGM e coltivare in piantagioni intensive, che coltivare varietà autoctone in sistemi non intensivi che garantiscono la biodiversità.

Moltissimi piccoli produttori perciò stanno abbandonando la coltivazione di alcuni tipi di riso o varietà di caffè proprio a favore di varietà internazionali più richieste dal mercato.

Tuttavia nel medio lungo periodo, questa strategia non è sostenibile: visto che produrre alimenti è un business, lo sono diventati anche i fertilizzanti e le sementi brevettate che servono a produrre sempre di più. In questo sistema i costi di produzione dei contadini salgono, così come l’indebitamento e la dipendenza economica da chi fornisce loro questi strumenti e dagli andamenti della domanda altalenante del mercato internazionale.

Altromercato preferisce sostenere un modello di agricoltura contadina, fatta di piccole realtà sostenibili dal punto di vista della sicurezza alimentare e legate al territorio e alla Madre Terra.

Organizzazioni che producono varietà autentiche di prodotti e utilizzano fertilizzanti naturali, applicando prevalentemente i principi dell’agricoltura biologica (es. riso thai, amaranto) alle quali riconosce il giusto valore di una scelta alternativa e sostenibile rispetto all’agricoltura convenzionale.

I costi dei prodotti di base

La crisi e il business speculativo dell’alimentare hanno indotto inoltre l’esplosione dei prezzi di beni che intervengono in maniera indiretta sui prodotti Altromercato, che dal 2010 al 2011 si ripercuote su moltissimi comparti.

Dai dati di maggio 2011 alcuni ingredienti non equosolidali dei prodotti trasformati Altromercato, come ad esempio i biscotti o le creme spalmabili, hanno avuto i seguenti aumenti: Burro +30%, latte crudo +21%, oli vegetali +50%, frumento biscottiero +80%. (fonti CCIAA, Associazione Granaria di Milano, Borsa Merci di Modena).

Gli effetti della condanna del WTO all’economia protezionistica. Miele e zucchero

L’Unione Europea, allo scopo di proteggere le proprie produzioni, richiede adempimenti sempre più onerosi agli esportatori. I produttori di miele non CE devono dunque continuamente soddisfare richieste sempre più alte in termini di qualità e investimenti negli impianti di produzione, di certificazione e analisi, legati alle nuove normative europee. Devono quindi continuamente confrontarsi con oggettive limitazioni alle possibilità di esportazione verso l’Europa. In America Latina queste problematiche si sommano a problemi climatici già citati.

Dopo la condanna del WTO della produzione protetta di zucchero di barbabietola, l’UE ha deciso di trasferire gli acquisti verso lo zucchero di canna. Ovviamente la domanda decisamente superiore continua a far crescere in maniera significativa i prezzi, e, al contempo a far accedere al mercato qualità sempre più scadenti di zucchero.

Sono penalizzate dunque le produzioni di zucchero di canna biologico, con disponibilità limitate; si rende necessario riconoscere prezzi più elevati ai produttori per garantire continuità nelle produzioni.

In alcune aree (es. Filippine dove si produce lo zucchero Mascobado) si fa pressante anche il problema della concorrenza delle coltivazioni per uso energetico (biofuel). Da un documento inviatoci dai produttori di PFTC Filippine (Mascobado): “Dall’ascesa alla presidenza di Aquino i prezzi dei beni di base continuano a crescere. il riso nell’ultimo anno è aumentato del 8,6%, lo zucchero del 17,6% ed il petrolio e suoi derivati del 25%. Mentre aumenta la disoccupazione, si diffonde la dilagante povertà nel paese, l’amplificarsi del problema della sicurezza alimentare, a fronte della contrazione delle produzioni agricole, dovuta al cambio climatico e alla massiccia conversione di molte aree agricole al bio fuel (oltre 700.000 ettari dal 2008 a oggi “. (fonte: panay update march-april 2011).

Come il petrolio condiziona le materie prime agricole

Il prezzo del petrolio condiziona l’agricoltura e la catena dei prodotti trasformati, agendo sull’aumento dei costi di trasporto e di quello degli imballaggi da esso derivati; indirettamente agisce anche sull’incremento dei prezzi delle materie prime vegetali dalle quali si ricavano alternative ecologiche di imballo o carburante, (es. mais, zucchero per bioetanolo ecc) che subiscono tuttavia le stesse dinamiche.

In Palestina dove le difficoltà del paese amplificano gli effetti, i costi dei trasporti interni hanno provocato notevoli rincari nei prezzi di acquisto di cous cous, mandorle e datteri.

Ci stiamo mangiando la Borsa, o la Borsa si sta mangiando noi?

Le materie prime agricole sono un business per le finanziarie (in particolare il caffè) e il loro prezzo è in mano ormai a logiche avulse anche dalle leggi della domanda e dell’offerta. In questi mesi il prezzo di borsa del caffè ha raggiunto soglie storicamente mai raggiunte. Dal rapporto ICO (International coffea organisation): “I prezzi del caffè hanno registrato a febbraio scorso nuovi massimi storici, raggiungendo livelli senza precedenti da oltre trent’anni a questa parte. L’indicatore dell’Ice per il caffè arabica tocca quota 261,41 centesimi di dollaro per libbra, massimo storico da maggio 1977”. Dall’anno scorso anche il mercato al consumo del caffè in pacchetto e al bar ha mediamente avuto incrementi a due cifre e i caffè arabica bio risultano tra i più consistenti.

In questo contesto, in Etiopia il governo sta attuando una politica di stabilità a prezzi molto superiori, di quasi il 30% rispetto all’anno precedente. Nonostante questi aumenti siano stati in parte assorbiti dalla centrale, è stato necessario rivedere il posizionamento complessivo di tutte le referenze, con la volontà e consapevolezza di essere comunque competitivi rispetto al settore tradizionale. La nostra miscela pregiata, 100% arabica di alta qualità, con un prezzo di 3.75 Euro è comunque allineata al prezzo di referenze del mercato tradizionale come la “Lavazza Oro” o la “Pellini Top 100% arabica”, secondo le rilevazioni effettuate in alcune catene ad Aprile 2011.

In situazioni di questo tipo l’unico strumento è la trasparenza e il continuare ad informare i consumatori rispetto a ciò che avviene nei mercati dei prodotti che scelgono di mettere sulla loro tavola.

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