Vincoli sul Momburgo di Villanova Mondovì

di Domenico Sanino.

Tra le iniziative portate avanti da Pro Natura Piemonte e Pro Natura Cuneo, insieme con altre associazioni e gruppi locali, c’è stata nel 2012 la richiesta alla Regione Piemonte di dichiarare di notevole interesse pubblico il complesso monumentale e paesaggistico Momburgo-Santa Lucia, sito nei Comuni di Roccaforte Mondovì e Villanova Mondovì, minacciato da una attività di escavazione. Si tratta di un’area di estremo interesse per la presenza di un Santuario realizzato in una grotta calcarea naturale e di tutta una serie di piccole cappelle e piloni della Via Crucis lungo un antico percorso devozionale...

Da molti anni la zona è interessata da una notevole attività estrattiva di calcare che ora è giunta proprio a ridosso del Santuario, minacciando la stabilità del medesimo e alterando profondamente il paesaggio.
La Giunta Regionale ha aderito alla proposta e il 3 agosto 2017 ha assoggettato tutto il complesso a tutela, ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (art. 138). Ma i cavatori e, curiosamente, il Comune di Villanova Mondovì che sostiene gli interessi delle ditte private che erodono la montagna, invece di tutelare gli interessi della sua collettività, sono ricorsi al TAR contro questa decisione della Regione, chiamandoci in causa quali promotori dell’iniziativa, in quanto non “portatori di interesse collettivo”. Quindi anche noi abbiamo dovuto difenderci presso il TAR.

La sentenza del TAR Piemonte.
Purtroppo nella recente sentenza del 10 giugno scorso, giudice Raffaele Prosperi, il TAR ha accolto il ricorso dei cavatori e annullato la dichiarazione di notevole interesse pubblico del complesso monumentale e paesaggistico “Momburgo-Santa Lucia” per “difetto di forma”, perché la decisione è stata assunta da una commissione regionale in cui alcuni membri non erano presenti.
La Regione sembra intenzionata ad appellarsi al Consiglio di Stato, perché, a parte il caso di Villanova, si creerebbe un precedente pericoloso per tutti i vincoli.
La Regione sostiene, infatti, che non è possibile portare avanti le pratiche di un vincolo con la Commissione sempre perfettamente costituita. Ci sono deroghe e atti che non prevedono la presenza del collegio perfetto.

Si prepara il nostro ricorso.
Da una pur sommaria ricognizione su normativa e giurisprudenza esce rafforzato il nostro convincimento che questa sentenza amministrativa sia basata su un equivoco, e la motivazione della sentenza, se non contrastata, oltre a vanificare il vincolo specifico, farebbe saltare tutto l’impianto posto dal Codice Urbani e dalle connesse delibere regionali a tutela dei beni culturali e paesaggistici.
Il ricorso anti-vincolo è stato accolto in base a uno dei motivi invocati dai ricorrenti: il fatto che la dichiarazione di notevole interesse pubblico del Momburgo sia stato proposta dalla commissione regionale in assenza di alcuni dei suoi componenti, cioè si è sostenuto, in violazione delle modalità di funzionamento di un “collegio perfetto”.
Ora, l’assimilazione delle commissioni ex art. 137 Codice Urbani a “collegi perfetti” è oggettivamente un’assurdità, non solo perché non sta scritto da nessuna parte, ma perché contraddice tutta la giurisprudenza e anche la logica più elementare.

Quando vi è il “collegio perfetto”?
In base al decreto del Presidente della Giunta Regionale del 2016, la composizione della commissione giudicatrice di fatto è variabile, e già da questo non si capisce come possa essere considerato “perfetto” un collegio al quale partecipano, secondo la localizzazione dell’oggetto all’ordine del giorno, persone diverse. Ma, sempre secondo noi, la commissione non può essere considerata un “collegio perfetto” anche per la mancanza di componenti supplenti accanto agli effettivi. Non esistendo la possibilità di farsi sostituire o di delegare altri, basterebbe l’assenza di uno solo dei componenti per impedire alla commissione di agire, il che evidentemente non può essere. Sulla necessità della nomina di supplenti si fondano tante sentenze del Consiglio di Stato.
Un motivo ancora più stringente è che il principio del collegio perfetto (e, dunque, della necessaria presenza di tutti i membri della commissione) concerne solo le attività valutative e decisorie vere e proprie e non anche quelle preparatorie, istruttorie o “strumentali” (sentenze Consiglio di Stato 40/2015 e 5187/2015).

Casi classici di collegi perfetti sono le commissioni concorsuali e i consigli scolastici di classe, che con la sola presenza dei docenti valutano, tra l’altro, il livello di preparazione degli alunni. È frequente, per esempio, che un TAR, accogliendo il ricorso degli esercenti la potestà genitoriale, annulli la bocciatura di uno studente perché assunta in assenza di uno o più degli insegnanti il cui giudizio avrebbe influito in modo determinante sulla decisione.
Ma la commissione del Codice Urbani opera secondo una logica ben diversa e in tutt’altro contesto. Non prende decisioni; si limita a svolgere un’istruttoria e ad esprimere un parere che diventerà norma solo con un decreto del presidente della Regione. Per giunta, il lavoro della commissione non è l’unica fonte da cui può derivare l’imposizione di un vincolo. La Regione può attivarsi anche autonomamente, attraverso altri canali.

Il ruolo delle Associazioni.
In questa scoraggiante sentenza c’è una cosa positiva. Il giudice ha respinto l’affermazione che le associazioni ambientaliste non hanno il diritto di intervenire nella richiesta di vincoli in quanto “non portatrici di interessi collettivi”. Scrive il giudice: “la tutela del paesaggio... corrisponde anche ad un interesse collettivo di cui possono farsi carico anche associazioni private quali Enti esponenziali nella collettività, sulla base del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, comma 5 della Costituzione”.

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