PFAS nelle acque potabili? Urgente verificarlo

di Alessandro Mortarino.

Lo scorso febbraio Greenpeace Italia ha reso noto i dati di una capillare indagine dedicata alla presenza di PFAS (composti poli e perfluoroalchilici) nelle acque potabili, cioè la risorsa che sgorga dai rubinetti delle nostre case. I risultati sono preoccupanti: in Veneto e Lombardia la presenza accertata di PFAS indica che decine di migliaia di persone bevono acqua contaminata da tali sostanze tossiche, alcune delle quali cancerogene. Nell'astigiano e cuneese, ASL e Gestori acquedottistici non effettuano analisi specifiche e, dunque, resta ignota la situazione e ogni rischio collegato...

I PFAS sono sostanze chimiche di sintesi usate in numerosi processi industriali e per la realizzazione di diversi prodotti di uso comune, ad esempio nelle padelle antiaderenti e in carte e imballaggi oleorepellenti e idrorepellenti, nelle protesi mediche e nella placcatura di metalli, nel settore aeronautico e automobilistico, nella lavorazione del petrolio e nelle fasi finali del processo di produzione per trattare tessuti, rivestimenti, tappeti e pelle per conferire resistenza all'acqua, all'olio, al suolo e alle macchie. La loro stabilità chimica le rende impossibili da degradare nell’ambiente, per questo motivo sono definiti “inquinanti eterni”.
Secondo l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) “Non è possibile avere la certezza che ingerire anche piccole dosi di PFAS nell’acqua non sia un rischio per la salute".

Per anni in Italia si è pensato che i problemi ambientali legati ai PFAS fossero circoscritti solo ad alcune aree del Veneto, tra le province di Vicenza, Verona e Padova, in cui è stato scoperto uno dei casi più gravi di contaminazione dell’intero continente europeo. Una situazione, nota sin dal 2013, ma lungi dall’essere risolta. Numerosi restano infatti i fronti aperti, dato che alcune problematiche come la bonifica e la contaminazione dei prodotti alimentari non sono mai state affrontate seriamente, sia a livello locale e sia nazionale.

L'indagine di Greenpeace Italia ha però evidenziato che l’inquinamento da PFAS, seppur in modo differente dal Veneto, è di vasta portata anche in Lombardia, con numerosi casi di contaminazione dell’acqua potabile riscontrati in decine di comuni, inclusa la città di Milano, in quasi tutte le province. La politica, sia a livello locale che nazionale, continua a non intervenire, ignorando il problema: in Italia, in attesa che entri in vigore la direttiva comunitaria 2184/2020 a partire da gennaio 2026, manca una legge nazionale che limiti la presenza di PFAS nelle acque potabili.

Neppure il Piemonte è esente dal problema come evidenzia questa mappa pubblicata da Greenpeace Italia.
Nella nostra regione ha sede l’unica produzione ancora attiva di questi composti in Italia, il polo chimico di Solvay Specialty Polymers a Spinetta Marengo (Alessandria). Si tratta di uno stabilimento che è noto da tempo per essere la principale fonte di contaminazione del bacino del Po.
Nel marzo 2007, il Prof. Michael MacLachlan, firmatario dello studio Perforce mirato a ricercare la presenza di PFOA (acido perfluoroottanoico) nei principali fiumi europei, scriveva infatti a Giuseppe Malinverno, allora dirigente Solvay: “Basandoci sulla nostra conoscenza del PFOA come produzione e utilizzo, riteniamo Solvay Solexis la principale fonte di emissione di PFOA nel fiume Po. Vi esortiamo ad indagare”.
Ipotesi poi confermate da numerosi studi e ricerche successive: l’azienda rilascia da decenni nell’ambiente ingenti quantità di sostanze pericolose. Non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera come rivelano i dati recenti di ARPA Piemonte: l’autorità regionale ha rilevato una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato al giorno di C6O4 o cC6O4, una molecola di nuova generazione, nella strada principale del quartiere di Spinetta Marengo.

Ma il problema PFAS in Piemonte non è circoscritto alla sola area dove insiste questo stabilimento chimico: in oltre 70 comuni della città metropolitana di Torino, inclusa la città capoluogo, viene erogata acqua potabile contenente questi pericolosi inquinanti. È questa una delle poche aree monitorate in Piemonte, oltre a quella di Alessandria. Per la maggior parte delle province piemontesi non esistono infatti dati relativi alla contaminazione da PFAS nell’acqua potabile. Una situazione grave che denota come la contaminazione da composti poli e perfluoroalchilici non sia nota e tanto meno possa essere considerata sotto controllo.

Solo in Piemonte, si stima che complessivamente ben 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata da PFOA, una molecola appartenente al gruppo dei PFAS che di recente l’OMS ha classificato come cancerogena per l’uomo.
A conferma di ciò a Greenpeace Italia è bastato eseguire pochi campionamenti indipendenti per trovare il PFOS - una molecola del gruppo dei PFAS classificata come possibile cancerogeno per gli esseri umani - nelle acque potabili di un comune del novarese (Galliate) in quantità che oggi, in altre nazioni, non sono ritenute sicure per la salute umana.
Qui potete leggere il Report integrale realizzato da Greenpeace, da cui potrete valutare le risposte che le ASL e i Gestori dei nostri acquedotti hanno fornito a questa ricerca e analisi "sul campo": nella migliore delle ipotesi non hanno risposto, altrimenti si sono trincerati dietro un formale "Il parametro PFAS non è stato ricercato", con l'unica eccezione dell'albese Sisi Spa che ha indicato l'assenza di limiti PFAS nelle acque potabili.

Per cercare di capire quale sia lo stato dell’arte riguardo la contaminazione da PFAS in Piemonte, Greenpeace aveva inviato 43 richieste per ricevere gli esiti delle analisi svolte sui campioni di acqua destinata al consumo umano alle otto ASL regionali, alla direzione generale di Regione Piemonte, ai 29 gestori del servizio idrico integrato e a cinque comuni che gestiscono autonomamente la propria rete potabile. Solo 10 enti - pari al 23% del totale - hanno risposto positivamente inoltrando copia delle analisi effettuate; 10 tra comuni ed enti non hanno risposto (23,2%); 11 tra ASL e gestori (25,5%) hanno giustificato l’assenza di dati col fatto che la direttiva europea entrerà in vigore solo nei prossimi anni; 8 tra ASL e gestori (18,6%) hanno spiegato che non sono già in vigore leggi che impongono dei limiti alla presenza di PFAS nelle acque potabili; due gestori (4,6%) hanno infine comunicato come la ragione dei mancati controlli fosse riconducibile a una specifica richiesta di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabile.

E' evidente che le istituzioni dovrebbero intervenire con urgenza per mettere al bando i PFAS e per essere assolutamente trasparenti, mettendo cittadini e cittadine al corrente dei loro dati sulla contaminazione da PFAS, ma non solo. C’è bisogno di un intervento deciso per eliminare del tutto queste fonti inquinanti pericolose per la salute anche in basse concentrazioni, viste le chiare evidenze scientifiche. Cittadini e cittadine hanno il diritto di bere acqua pulita ed è compito delle istituzioni fare in modo che ciò accada.

A breve i comitati per l'acqua pubblica astigiani e cuneesi seguiranno l'iniziativa già in corso di sperimentazione nel torinese, ovvero la richiesta a tutte le amministrazioni comunali di sottoscrivere una mozione attraverso la quale viene richiesto al proprio gestore acquedottistico di quantificare la somma di PFAS nell’acqua destinata al consumo umano (di cui all’allegato III, parte B, punto 3 della direttiva europea 2184/20201), l’analisi dell’acqua potabile, o dell’acqua in bottiglia, erogata nelle scuole pubbliche presenti nel Comune, di rendere note integralmente le risultanze provenienti dal gestore (e, eventualmente, da indagini effettuate in autonomia dal Comune stesso) circa la quantificazione della presenza delle singole sostanze PFAS, e di farne capillare pubblicità, attraverso tutti i canali istituzionali, al fine di aumentare la consapevolezza della popolazione circa la qualità dell’acqua consumata.

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Registrazione: Tribunale di Asti n. 7/2011 del 28.10.2011 - Direttore Responsabile: Alessandro Mortarino