Lettera di Evo Morales ai trentacinque Signori del Commercio Mondiale

di Evo Morales Ayma, Presidente della Bolivia.
ImageCari amici, Vi scrivo ...

Il presidente della Bolivia spiega ai selezionatissimi partecipanti del round di Doha ”sullo sviluppo” riuniti a Ginevra, come e perché le loro decisioni sono state e sono (e saranno ?) l'esatto opposto dello sviluppo.
Almeno quello dei paesi poveri.
Due visioni del mondo assolutamente antitetiche.

«Il commercio internazionale può disimpegnare una funzione importante nella promozione dello sviluppo economico e nella diminuzione della povertà. Riconosciamo la necessità che tutti i nostri popoli si giovino dell'aumento delle opportunità e dell'incremento del benessere generato dal sistema multilaterale del commercio. La maggioranza dei membri del Wto (Organizzazione del Commercio Mondiale) sono paesi in via di sviluppo. Vogliamo porre i loro bisogni e interessi al centro del programma di lavoro adottato nella presente dichiarazione. Dichiarazione ministeriale di Doha dell'Organizzazione mondiale del commercio, 14 novembre 2001».

Con queste parole, 7 anni fa, cominciò il «round» dei negoziati del Wto. Sviluppo economico, diminuzione della povertà, bisogni dei nostri popoli, aumento delle opportunità per i paesi poveri sono davvero al centro dei negoziati in corso ?

La prima cosa che devo dirvi è che, se fosse così, i 153 paesi membri e soprattutto l'ampia maggioranza dei paesi in via di sviluppo, dovrebbero essere gli attori principali dei negoziati del Wto. Invece, quel che stiamo vedendo è che un pugno di soli 35 paesi è invitato dal direttore generale a riunioni informali.

I negoziati del Wto si sono convertiti in uno scontro dei paesi sviluppati per aprire il mercato dei paesi in via di sviluppo in favore delle grandi imprese.

I sussidi agricoli del nord, che finiscono principalmente nelle mani delle compagnie agro-alimentari degli Stati Uniti e dell'Unione Europea, non solo continueranno ma aumenteranno. I paesi in via di sviluppo abbasseranno i dazi ai loro prodotti agricoli ma i sussidi reali elargiti da Usa e Ue ai loro prodotti agricoli non diminuiranno.

Per i prodotti industriali, nei negoziati del Wto si pretende che i paesi in via di sviluppo taglino le tariffe doganali fra il 40 e il 60%, mentre i paesi sviluppati abbasseranno le loro in media fra il 25 e il 33%.

Nei negoziati si preme perché nuovi settori dei servizi siano liberalizzati, mentre invece si dovrebbe escludere una volta per tutte dagli accordi del Wto i servizi di base quali l'istruzione, la sanità, l'acqua, l'energia e le telecomunicazioni. Questi servizi sono diritti umani che non possono essere oggetto di affari privati né di liberalizzazione che portano alla privatizzazione.

La deregulation e la privatizzazione dei servizi finanziari sono una causa, fra le altre, dell'attuale crisi finanziaria mondiale.

Il regime di proprietà intellettuale stabilito dal Wto, ha beneficiato soprattutto le transnazionali che monopolizzano i brevetti, rendendo più care le medicine e altri prodotti essenziali, incentivando la privatizzazione e mercantilizzazione della vita.

I paesi più poveri saranno i veri sconfitti. La stessa Banca mondiale indica che i costi per la perdita di posti di lavoro, le restrizioni alle politiche nazionali e la perdita di entrate doganali, saranno maggiori dei «benefici» di cui parla «il round dello sviluppo».

Dopo 7 anni, il «round» del Wto è ancorato al passato e fuori sintonia rispetto ai fenomeni che viviamo: la crisi alimentare, la crisi energetica, il cambio climatico, l'eliminazione delle differenze culturali.

Studi della Fao segnalano che oggi sarebbe possibile alimentare 12 miliardi di persone, quasi il doppio della popolazione mondiale. Invece c'è una crisi alimentare perché non si produce per il benessere umano ma in funzione del mercato, della speculazione e della redditività delle grandi compagnie che producono e commerciano gli alimenti. Per affrontare la crisi alimentare è necessario rafforzare l'agricoltura familiare, contadina e comunitaria.

Dobbiamo finirla con il consumismo, lo spreco e il lusso.

Nella parte più povera del pianeta, ogni anno muoiono di fame milioni di esseri umani.

Nella parte più ricca si spendono milioni di dollari per combattere l'obesità.

Consumiamo in eccesso, sprechiamo le risorse naturali e produciamo residui che contaminano la Madre Terra.

I paesi devono dare la priorità al consumo di quello che producono in loco. Non possiamo privilegiare mai il mercato esterno a costo della produzione nazionale.

Il capitalismo vuole uniformarci tutti per fare di noi soltanto dei consumatori. Per il nord esiste un solo modello di sviluppo, il suo. Il modello economico unico si accompagna a processi di acculturazione di massa per imporci una sola cultura, un solo modo di pensare. Distruggere una cultura e l'identità di un popolo è il danno più grave che si può fare all'umanità.

Perché questo sia un «round» davvero «dello sviluppo e ancorato al presente e futuro dell'umanità e del pianeta» dovrebbe:

  • garantire la partecipazione dei paesi in via di sviluppo a tutte le riunioni del Wto;

  • mettere in pratica negoziati asimmetrici in favore dei paesi in via di sviluppo in cui i paesi sviluppati facciano concessioni reali;

  • rispettare gli interessi dei paesi in via di sviluppo senza limitare la loro capacità di definire e applicare politiche nazionali a livello agricolo, industriale e dei servizi;

  • ridurre effettivamente le misure protezioniste e i sussidi dei paesi sviluppati;

  • assicurare il diritto dei paesi in via di sviluppo di proteggere per tutto il tempo necessario le loro industrie nascenti, come fecero nel passato i paesi industrializzati;

  • garantire il diritto dei paesi in via di sviluppo di regolare e definire le proprie politiche in materia di servizi, escludendo i servizi di base dall'Accordo generale del commercio sui servizi del Wto;

  • limitare i monopoli delle grandi imprese sulla proprietà intellettuale, promuovere i trasferimenti di tecnologia e proibire i brevetti su ogni forma di vita;

  • garantire la sovranità alimentare dei paesi eliminando qualsiasi limitazione alla capacità degli Stati di regolare le esportazioni e importazioni di alimenti;

  • assumere misure che contribuiscano a limitare il consumismo e lo spreco di risorse naturali, ad eliminare i gas serra e i residui dannosi per la Madre Terra.


Nel secolo XXI, un «round per lo sviluppo» non può più parlare solo di «libero commercio» ma deve promuovere un commercio che favorisca l'equilibrio fra i paesi, le regioni e con la Madre natura.

Accordi come quelli del Wto devono essere conosciuti e discussi da tutti i cittadini e non solo da ministri, imprenditori ed «esperti».

I popoli del mondo non possono più essere le vittime passive di questi negoziati e devono diventare protagonisti del nostro presente e futuro.

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