Tu non avele pasiensa?

La scorsa settimana avevamo salutato il compleanno di Altritasti con un articolo che in realtà nascondeva un messaggio "civetta", nel senso che - distrattamente, qua e là - ci eravamo divertiti a scrivere qualcosa di lievemente non veritiero. A noi piace scherzare, lo sapete, e questa volta ci andava di capire se i nostri lettori sono tali o sono solo compulsanti cliccatori di post (articoli) da consumare rapidi come sandvich in autogrill. Ad esempio avevamo titolato enfaticamente l'avvio del sedicesimo anno di pubblicazione, avviata nel gennaio 2008, e parlavamo anche di "disegnare un cambiamento" e di una massa di contributi-articoli tali da comporre un "un programma elettorale allo stato puro, con radici nella vera sostenibilità e sobrietà"...

Bene, con piacere diversi nostri lettori hanno replicato. I più attenti ci hanno chiesto se la (nostra) matematica è un'opinione o un rigore di certezza, perché se Altritati è nato nel gennaio 2008, oggi non possiamo che essere entrati nel quindicesimo (15°) anno di pubblicazione: un anno in meno di quanto asserivamo nella titolazione.
Ci avete scoperti: bravi! Per noi è una conferma del grado di attendibilità e seguito del nostro lavoro di piccoli e infaticabili propositori di stimoli (per il cambiamento). E, fortunatamente, nessuno pare essersi ricordato di quella "truculenta" barzelletta (che finiva con "tu non avele pasiensa? E allora vaffa..."!.

Ma perchè ci siamo dati un anno in più del dovuto? Perchè non siamo per niente soddisfatti della nostra situazione sociale di moderni abitanti di un pianeta dalle mille angosce. Per mille (altrettanti) motivi: perchè il teatrino della politica nazionale impiega tempi biblici per trovare un nome condiviso a cui delegare il ruolo di presiedere il massimo incarico istituzionale dello Stato, perché attorno al PNRR vediamo affacciarsi altri (oltre a quelli già "promossi") progetti che nulla hanno a che fare con un piano per risolvere i problemi strutturali del Paese e si limitano a tappare buchi per minime esigenze - prevalentemente infrastrutturali - ad oggi prive di fondi, perchè a maggio (o a ottobre, dipende dal Covid...) alcuni significativi capoluoghi di provincia rinnoveranno i propri consigli comunali e la tanto decantata "partecipazione civica" viene da tutti evocata a mo' di slogan ma nessuno pare volerla declinare in maniera compiuta, dato che "noi abbiamo già delle idee" o "la nostra visione è questa".

E, in mezzo, c'è la faglia aperta e spalancata dalla pandemia (con i buoni e i cattivi, i vaccinati altruisti e i non vaccinati egoisti), un mondo in implosione là dove le risorse energetiche sono un patrimonio, con ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, filantropi potenti che dettano i ritmi di interi continenti, tendenziali di PIL che comandano tutto lo scibile sociale, ambientale e logico.

Un anno difficile. Già. Di quelli che "se vado in letargo forse è meglio"... E che anche noi ci prepariamo ad affrontare, ma con il netto timore che sarà un anno di 365 giorni ma lontani da quel cambiamento che - ci piaccia oppure no - invece dovremmo e dovremo percorrere optando per scelte che - sempre prima o poi - saremo comunque costretti ad adottare: e, allora, saranno privazioni e non conquiste.

OK, l'angolo del pessimismo (che mai ci è piaciuto lustrare) qui si conclude: vogliamo essere positivi, cioè negativi (termine gergale da pandemie imperanti!).

La scorsa settimana terminavamo dicendo "Buon anno a tutte e tutti!". Un augurio che di solito si fa a dicembre e, invece, noi abbiamo proposto a fine gennaio.
Non a caso.
Perchè se ci tiriamo su le maniche, forse potrebbe essere l'anno giusto.

Ma di maniche abbassate, ne troviamo troppe. E allora ben vengano le provocazioni per suggerire di cambiare pagina: fosse mai che qualcuno - diverso dai "soliti" - lo capisca...

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