L'origine delle parole. Uno: Lavoro

A volte le parole risultano talmente comuni, talmente abituali, da non sembrare possedere un'origine. Eppure tutte le parole hanno una storia ed è bene tenere sempre in esercizio la nostra capacità di "riconoscere" il loro vero significato, cioè da dove esse derivino: spesso ne resteremo sorpresi. Altritasti apre una nuova rubrica dedicata all'etimologia, la scienza che studia la storia delle parole. Lo faremo "di tanto in tanto" e giusto per ricondurre le parole più comuni al loro significato vero, che spesso trascuriamo e che, invece, costituisce uno strumento formidabile per non fare arrugginire i nostri neuroni. Nulla di "accademico", promessa solenne!
Iniziamo con il termine "lavoro"...

"Lavoro" trae origine dal latino labor che significava “pena”, “sforzo”, “fatica”, sofferenza”.
Questo termine lo ritroviamo anche in "labour" in lingua inglese; in Francia e in Spagna, invece, viene declinato con "travail" e "trabajo". Il termine spagnolo è particolarmente chiaro e deriva dal latino "tripalium", cioè "travaglio", uno strumento di supplizio composto da tre travi o pali al quale si legavano i condannati.
Ma è altrettanto chiaro anche il significato nella nostra lingua: “travaglio” oggi è usato prevalentemente col significato - appunto - di pena, sofferenza, afflizione, anche riferito ai dolori della partoriente.
In varie lingue o dialetti neolatini ha mantenuto il significato “lavorativo”: dallo spagnolo "trabajo" al portoghese "trabalho", dal piemontese "travai" al sardo "traballu", dal genovese "travaggiu" al siciliano "travagghiu" e al "travagghiare" salentino.

Tutto chiaro? Come riflette qui Cristian Gracia Palomo, il lavoro è una "tortura" che ci costringe spesso a svolgere compiti più o meno sgradevoli in cambio di denaro con cui pagare diritti fondamentali come l’alloggio, il cibo o gli abiti.

Eppure, il lavoro nobilita l'uomo.
Oggi, forse, l'uomo dovrebbe nobilitare il lavoro e trasformarlo da tortura a sollievo...

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