di Enrico Euli.

“Ecco: si prende un bimbo di due o tre anni, lo si mette dentro un vaso di porcellana dalla foggia più o meno bizzarra, senza però il coperchio e senza il fondo per lasciare liberi il capo e i piedi; di giorno, il vaso viene tenuto dritto e di notte, invece, si sdraia perché il bimbo possa dormire. Egli così, ingrossa, senza allungarsi, e la sua carne pigiata e le sue ossa prendono la forma del vaso stesso. Questo sviluppo umano dentro un contenitore dura per più anni finché non c’è più rimedio; allora, conseguito lo scopo, quando il mostro è bell’e fatto, si rompe l’involucro, si libera la povera creatura e si ha un uomo-vaso. La cosa è davvero assai comoda: volendo, si può commissionare anticipatamente un nano della forma che più ci piace” (Victor Hugo, L’uomo che ride, 1869)...

A cura della Società della Cura – Asti.

Qualche giorno fa un fatto ha suscitato l'attenzione della cittadinanza astigiana: il transito e la sosta presso la stazione ferroviaria di un convoglio carico di mezzi militari (autoblindo?).
Una circostanza che - forse - in tempi normali sarebbe passata inosservata, nell’attuale temperie internazionale ha suscitato non solo curiosità ma ansia e preoccupazione. La foto è circolata di social in social, dando adito alle più disparate interpretazioni circa la provenienza, il contenuto e la destinazione del convoglio...

Vi proponiamo queste parole sussurrate-gridate nel 1968 da Julian Beck (attore, regista teatrale, poeta, pittore, saggista, attivista, anarchico e co-fondatore del leggendario "Living Theatre") legate ad una guerra "lontana", laggiù nel Vietnam. Parole che ci sembrano particolarmente attuali oggi, mentre siamo immersi in una guerra a noi un po' più "vicina". Parole che rinnovano la necessità di immaginare una rivoluzione: morale, sociale, culturale...

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